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Scese in campo le giovani leve per risollevare la cosca in difficoltà

 Spazio alle giovani leve, nuovi “azionisti” capaci di risollevare le sorti della cosca con intimidazioni, estorsioni e soprattutto grande disponibilità di armi nei territori di Sant’Andrea, Gasperina e Montepaone, ma anche con il controllo dei voti per le amministrative del 2011 a San Sostene. Aveva esteso i propri tentacoli su gran parte del Basso Jonio catanzarese la presunta cosca Procopio- Mongiardo, ritenuta dagli inquirenti federata alle famiglie Gallace di Guardavalle e Gallelli di Badolato. L’attività del presunto gruppo viene ricostruita nelle 690 pagine dell'ordinanza di custodia cautelare con cui il gup di Catanzaro ha dato il via all’operazione Hybris, sfociata all’alba di martedì in 20 arresti eseguiti dalla squadra mobile della Questura di Catanzaro. Importante, secondo la ricostruzione della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, sarebbe stato il ruolo dei giovani, ritenuto capaci di «rivitalizzare la cosca capeggiata da Procopio Vittorio (che attualmente sta subendo un lungo periodo di detenzione...)». Una riorganizzazione strutturale che, stando alle ipotesi degli inquirenti, sarebbe avvenuta non solo attraverso «l’instaurazione di rapporti criminali con soggetti in grado di far valore la propria influenza nei comuni del comprensorio di San Sostene (Sant’Andrea, Satriano, Davoli e Gasperina) » ma proprio con «l’ade - sione di giovani leve che–scrive il gip Domenico Commodaro nell’ordinanza di custodia cautelare –rivestono il ruolo di nuovi “azionisti” e sono legati agli esponenti di vertice da vincoli parentali» in modo da rendere «il sodalizio particolarmente coeso e refrattario ad infiltrazione esterne». Tra gli atti messi insieme dall’accusa anche le minacce al nostro Francesco Ranieri, corrispondente della Gazzetta del Sud. E un mare d’intercettazioni sulle più disparate attività criminali, compreso il tentato omicidio di Antonio Gullà, 57 anni, avvenuto a Soverato nell’ottobre del 2010 (l’uomo fu ferito, secondo la Dda, perché ritenuto vicino alla cosca avversaria dei Procopio-Sia-Vallelunga). Le indagini della Polizia avrebbero cristallizzato le accuse, oltre che di associazione per delinquere di stampo mafioso, anche su una serie di danneggiamenti a imprenditori e attività commerciali a cui sarebbero state imposte richieste estorsive, nonché su un fiorente traffico di armi da parte di alcuni sodali che avrebbero utilizzato canali di approvvigionamento con calabresi residenti in Svizzera. Nel mirino anche gli appalti pubblici, come quello per la sistemazione dell’alveo del fiume Alaca a San Sostene Marina. La “mazzetta” sarebbe stata spartita tra il materiale percettore e i tre presunti esponenti di vertice della cosca. Ce ne sarebbe stato per tutti...

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