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Mafia di Ariola, 14 condanne e 5 assoluzioni

 Quattordici condanne, cinque assoluzioni e otto prescrizioni. Questo il verdetto emesso poco prima della mezzanotte di ieri dal Tribunale (presidente Lucia Monaco a latere Vincenza Papagno e Matilde Boccia) a carico dei ventisette imputati coinvolti nell’operazione denominata “Luce nei boschi”. Il dispositivo è stato letto nell’aula bunker del nuovo palazzo di giustizia di fronte al sostituto procuratore generale Marisa Manzini (il magistrato che ha coordinato l’inchiesta in regime di applicazione alla Dda e, successivamente, ha seguito tutta la fase dibattimentale), avvocati della difesa e centinaia di persone arrivate dai comuni delle pre Serre. Tra loro soprattutto i familiari dei detenuti anche se ad affollare l’aula bunker c’era un imponente servizio d’ordine allo scopo di prevenire eventuali disordini. La decisione dei giudici è stata assunta dopo una camera di consiglio andata avanti per circa 37 ore. Un processo pesante partito due anni fa nel corso del quale sono state tenute circa sessanta udienze che hanno prodotto un’istruttoria dibattimentale dai contenuti corposi che ha visto “sfilare” numerosi testimoni e pentiti di mafia che hanno raccontato e spiegato l’esistenza di un’associazione mafiosa operante nel territorio delle pre Serre e al cui vertice per anni ha regnato incontrastato Antonio Altamura, mentre il gruppo degli azionisti era capeggiato, secondo quanto emerso, dai fratelli Bruno e Gaetano Emanuele e puntava al controllo totale del territorio e degli affari illeciti. Faide intestine che hanno seminato morti, agguati, effettuato danneggiamenti e piegato alle regole di una violenza criminale inaudita commercianti e imprenditori. In rubrica accuse pesanti che andavano dall’associa - zione mafiosa all’associazione finalizzata al traffico degli stupefacenti, dalle estorsioni alla turbativa d’asta dai tentati omicidi ai reati in materia di armi. La tesi della pubblica accusa ha retto in quasi tutta la sua impalcatura, mentre per qualche caso bisognerà aspettare le motivazioni della sentenza per meglio capire quali saranno le determinazione del pm. Le pene più pesanti sono state inflitte ai fratelli Bruno e Gaetano Emanuele, condannati rispettivamente a 24 e 22 anni di carcere; mentre nei confronti di Antonio Altamura ritenuto al vertice della cosiddetta società dell’Ariola sono stati inflitti 16 anni di carcere (per lui il pm ne aveva chiesti 20). Sono stati assolti: Rocco Loielo, Francesco Taverniti, l’ex sindaco di Gerocarne Michele Altamura, Francesco Maiolo e Giuseppe Prestanicola. Parte civile nel processo otto Comuni (Arena, Acquaro, Vazzano, Pizzoni, Soriano, Dasà, Gerocarne e Sorianello), nonché l’imprenditrice Elisabetta Mariangela Eramo (ammistratore unico della ditta Sabolio), Giuseppe Speziali (presidente di Confindustria Calabria); Giosuele Schinella (ex sindaco di Arena) e Francesca Pagano; Francesco Gerace e Michelina Annetta e Francesco Martino e di Enzo Taverniti. Nutrito il collegio della difesa dei 27 imputati: Giovanni Marafioti, Salvatore Staiano, Francesco sorrentino, Giovanni Vecchio, Domenico Ioppolo, Vincenzo Cicino, Anselmo Torchia, Maria Rosaria Turcarolo, Valerio Mangone, Vincenzo Galrota, Giancarlo Pittelli, Giuseppe Di Renzo, Giovanni Russano, Mauro Sgotto, Sergio Rotundo, Bruno Ganino, Saverio Loiero, Raffaella Agostino, Nicola Cantafora, Annamaria Stanganello, Giuseppe Bagnato, Antonietta Villella, Giuseppe Bardari, Francesco Muzzopappa, Mario Di Fede, e Claudia Conidi. Le parti civilisono state invece rappresentate dagli avvocati: Daniela Fuscà, Andrea Gareri, Anna Napoli, Vincenzo Savaro, Paolo Del Giudice Destito, Silvio Sorrentino, Salvatore Pronestì, Gaetano Callipo, Antonia Nicolini, Giuseppina Bagalà. 

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