«Vado avanti per la mia strada, non posso tirarmi indietro; penso solo a risolvere i problemi della comunità». Salvatore Di Sì, 65 anni, sindaco di Stefanaconi ed esponente del Partito democratico, non è apparso eccessivamente preoccupato dell’accaduto. Ma l’attentato incendiario che ha portato alla distruzione della sua autovettura (Seat Ibiza) è un segnale fin troppo evidente: una vera e propria sfida della criminalità organizzata proprio nel giorno in cui il Comune si è costituito parte civile, con l’avvocato Daniela Fuscà, davanti al Gup distrettuale nei confronti di esponenti del clan Patania di Stefanaconi, coinvolti nell’operazione denominata “Romanzo Criminale”. L’attentato a Di Sì è l’ennesimo attacco che amministratori onesti e coraggiosi, soprattutto in Calabria, subiscono nell’espletamento delle loro funzioni. Una vicenda sconcertante che ha destato non poco clamore a Stefanaconi come in provincia e in tutta la Regione. L’incendio dell’auto è avvenuto ieri mattina intorno alle 5,30 in via Paolo Borsellino, nel rione Morsillara di Stefanconi, a pochi passi dall’abitazione del sindaco ubicata in via Calvario. A dare l’allarme prima con una telefonata alla sala operativa dei vigili del fuoco (115) e subito dopo ai carabinieri è stato lo stesso Di Sì svegliato dalle esplosioni originate dalle fiamme. In pochi minuti però il fuoco è riuscito ad avvolgere il mezzo e ridurlo ad un carcassa di lamiere annerite. Sul posto anche i carabinieri della stazione di Sant’Onofrio, del Nucleo operativo e della Compagnia presso il comando provinciale che hanno operato sotto le direttive del capitano Diego Berlingieri. Dai primi rilievi, effettuati dai vigili del fuoco, è stato possibile accertare la natura dolosa dell’incendio. Secondo quanto emerso il mezzo sarebbe stato prima cosparso di benzina e subito dopo dato alle fiamme. Un elemento piuttosto indicativo che ha fatto scattare le indagini in tutte le direzioni anche se i carabinieri privilegiano la pista che porta all’impegno del sindaco e del comune di Stefanaconi nell’affermazione dei principi di legalità su un territorio ad alta densità mafiosa. La vicenda in questa prima fase viene seguita dal procuratore Mario Spagnuolo che, tuttavia, ha provveduto immediatamente ad informare la Distrettuale antimafia. Al centro delle indagini non solo la costituzione di parte civile da parte del Comune per il procedimento a carico della cosca Patania scaturito dall’operazione Romanzo Criminale, ma anche i provvedimenti che l’ufficio tecnico comunale e il sindaco Di Sì avevano adottato, attraverso un’ordinanza di demolizione di alcune opere e manufatti abusivi realizzati dal boss Fortunato (Nato) Patania, assassinato nel settembre 2011 nella vallata del Mesima. In questo caso il Comune aveva fatto notificare alla moglie del boss, Giuseppina Iacopetta (attualmente detenuta), in qualità di erede del defunto Nato Patania, un ordine di demolizione che interessava un manufatto edilizio aziendale, un capannone agricolo e un letamaio realizzati senza alcun permesso a costruire in località Piano Mangiascarpi di Stefanaconi. Anche se le indagini dei carabinieri non si fermano ovviamente alle prime ipotesi investigative. Si cercherà soprattutto di vagliare tutta l’attività amministrativa messa in atto al Comune di Stefanaconi in questi ultimi tempi con particolare riferimento agli aspetti inerenti i servizi. Così come non viene trascurata la pista della realizzazione di una mega discarica avverso la quale il Comune di Stefanaconi si era opposto. Nella mattinata di ieri Di Sì ha avuto un lungo colloquio con ufficiali e sottufficiali dell’Arma. Nei prossimi giorni, invece, il sindaco sarà a colloquio con il prefetto Giovanni Bruno (ieri fuori sede per impegni istituzionali) e subito dopo sarà convocato un comitato per l’ordine e la sicurezza per valutare la gravità dell’accaduto ed eventuali misure di sicurezza.
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