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Suicida l’ex gip di Palmi Giancarlo Giusti

Medico legale e inquirenti lasciano pochi dubbi sulle cause del decesso di Giancarlo Giusti, l’ex gip del Tribunale di Palmi arrestato con l’accusa di corruzione e vicinanza alla malavita organizzata: è morto suicida ieri mattina, nella sua casa di Montepaone, centro jonico del catanzarese. Giusti, 48 anni, si è tolto la vita impiccandosi con un cavo elettrico nella tavernetta della villetta bifamiliare dove viveva osservando il provvedimento di obbligo di dimora deciso dopo il precedente periodo di reclusione terminato con un primo tentativo di suicidio, e di arresti domiciliari che aveva scontato a casa dei familiari nel vicino centro di Montauro. Per rendersi indipendente dai congiunti che lo avevano accolto nel periodo dei “domiciliari”, l’ex giudice aveva acquistato una villa a Montepaone, dove viveva solo a seguito della separazione dalla moglie. Schivo e riservato, Giusti è descritto come un uomo taciturno dai vicini di casa che lo hanno visto per l’ultima volta sabato sera; anche i parenti più stretti raccontano di averlo contattato telefonicamente l’ultima volta sabato. Il telefono invece ha squillato a vuoto nella mattinata di domenica facendo insospettire il cognato che, fuori sede per lavoro, ha chiamato il proprio fratello affidandogli il compito di rintracciare l’ex giudice. L’uomo si è recato a casa di Giusti ed ha notato, immediatamente, che le chiavi erano state lasciate nella serratura del portone d’ingresso; ha aperto la porta e, nella tavernetta, ha fatto la macabra scoperta. Inutili i tentativi di rianimazione e l’intervento del 118 che ha constatato il decesso e chiesto l’intervento delle forze dell’ordine. Da quando emerso dal primo esame esterno del cadavere compiuto dal medico legale la morte dell’ex magistrato sarebbe intervenuta poco prima del rinvenimento, cioé intorno alle 9,30 di ieri mattina. Nessuna lettera, nessun messaggio è stato rinvenuto nell’abitazione di Giusti. Non una spiegazione di un gesto temuto da molti che lo conoscevano bene per via di quell’episodio risalente al settembre del 2012 quando l’ex Gip di Palmi aveva tentato il suicidio mentre si trovava ristretto nel carcere milanese di Opera. Ora i carabinieri del nucleo operativo e della stazione della compagnia di Soverato stanno cercando nella memoria computer dell’uomo, posto sotto sequestro insieme all’abitazione dell’ex magistrato. Il corpo dell’uomo è a disposizione dell’autorità giudiziaria ma al momento non sembra esser stata disposta alcuna indagine autoptica, probabilmente ritenuta superflua dopo gli esiti della prima perizia medico legale che avrebbe legato all’impiccagione le cause del decesso. Un primo tentativo di suicidio, come detto, era avvenuto nel 2012, il giorno dopo la sua condanna a quattro anni di reclusione inflittagli dal Tribunale di Milano per i suoi rapporti con la cosiddetta “cosca Lampada” della 'ndrangheta reggina, attiva nel capoluogo lombardo. L’inchiesta della Dda milanese non era l’unica nella quale il giudice era rimasto coinvolto: anche la Dda di Catanzaro lo aveva indagato nell'operazione contro la cosca Bellocco. Una parabola sconvolgente e cruda quella che ha coinvolto l’ex giudice che sarebbe rimasto ucciso, questa l’idea del suo legale Giuseppe Femia, da un accanimento giudiziario nei suoi confronti da cui, ha dichiarato l’avvocato sul luogo della morte del suo assistito, si sarebbe, tramite il suicidio, ribellato. Una vicenda destinata all’eco nazionale quella dell’ex giudice, nei confronti della quale però gli inquirenti chiedono di mantenere un profilo rispondente ai canoni di “normalità” all’interno di un suicidio per il quale il sequestro di attrezzature informatiche e dell’abitazione nella quale è stato rinvenuto il corpo dell’uomo, sono stati concepiti per escludere anche solo la minima possibilità di dinamiche diverse da quelle chiaramente emerse, legate al precario stato psicologico del suicida. E mentre i riflettori si riaccendono attorno una delle più discusse figure della cronaca recente, il ritratto giudiziario recuperato dai media nazionali che descrivono un uomo colluso, con “l’ossessione per il sesso” e la propensione a vivere in “una zona grigia”in qualche modo legata alla ‘ndrangheta, stride con il ricordo lasciato agli abitanti montepaonesi, che descrivono Giusti come una persona schiva e taciturna; sempre più chiusa in un silenzio che nei giorni antecedenti alla sua morte si era fatto ancora più fitto e impenetrabile. La descrizione delle ultime settimane di vita di Giusti è quella di un uomo alla ricerca di normalità nel tentativo di ricostruire una nuova vita ripartendo dagli affetti più cari; quelli attorno i quali oggi il centro di Montepaone si stringe, in un rispettoso segno di vicinanza.

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