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Spari a Guardavalle,
famiglia nel mirino

 Ha sparato per uccidere il killer che ieri mattina ha ferito a colpi di fucile due persone, madre e figlio, che viaggiavano assieme al capofamiglia a bordo di un pick up Toyota lungo la strada provinciale 142 che collega Guardavalle Superiore a Stilo, a cavallo tra le province di Catanzaro e Reggio Calabria. Una furia cieca sembra aver mosso l’autore di quello che si configura come un tentato triplice omicidio: intorno alle 4.30 l’uomo (ancora non si sa se abbia agito da solo o con l’ausilio di un complice) si è piazzato lungo l’arteria, pochi chilometri fuori dal centro abitato di Guardavalle Superiore, e, ben nascosto, ha atteso il passaggio del fuoristrada con i coniugi Vincenzo Ierace, agricoltore di 58 anni, Maria Procopio, 59, e il loro figlio Antonio Ilario, di 21 anni; quando ha visto sopraggiungere il mezzo, ha cominciato a sparare in direzione dell’abitacolo, costringendo Ierace a scappare per poi fermarsi qualche centinaio di metri più avanti per soccorrere i familiari rimasti feriti e sanguinanti. I tre si stavano recando a lavorare in un fondo di loro proprietà a Elce della Vecchia, frazione montana di Guardavalle, dove lo scorso 4 aprile è stato assassinato a colpi di fucile un boscaiolo di 59 anni, Pietro Procopio, con modalità che paiono in qualche modo assimilabili a quelle messe in atto ieri mattina. Anche in quel caso, infatti, il “bersaglio” si trovava a bordo della sua auto. I colpi, calibro 12, dovrebbero essere stati in tutto tre, alla luce del ritrovamento, da parte dei carabinieri del nucleo operativo della Compagnia di Soverato e della stazione di Guardavalle, di altrettante cartucce contenenti i pallini che sono poi andati a trapassare le lamiere dell’auto, attingendo la donna alla mano destra e il figlio alla parte sinistra del torace e al braccio: entrambi sono stati portati al pronto soccorso dell’ospedale di Soverato, dove i sanitari li hanno giudicati guaribili rispettivamente in sette e dieci giorni. Gli uomini guidati dal capitano Saverio Sica hanno setacciato l’intera area, alla ricerca di eventuali tracce lasciate dall’ignoto sparatore durante l’attesa; sul terreno sono quindi state trovate le cartucce, ora in mano alla sezione scientifica del Reparto operativo dell’Arma di Catanzaro. I militari hanno lavorato ben oltre le luci dell’alba, che hanno restituito i colori al teatro dell’agguato agevolando almeno in parte l’attività di ricerca sul terreno alla quale è stata affiancata quella di investigazione, con la raccolta di informazioni utili a ricostruire uno scenario plausibile. Al momento sarebbe esclusa la matrice mafiosa dell’agguato, sia per le sommarie modalità di esecuzione (i colpi non sarebbero stati esplosi da distanza ravvicinata, mancando dunque di fredda precisione), sia perché a carico di Ierace non figurano precedenti di rilievo. Una prima ipotesi potrebbe far pensare a uno spirito di vendetta maturato nell’ambito dell’attività lavorativa dell’uomo, sfociato in un gesto che avrebbe potuto avere conseguenze terribili contro l’intera famiglia Ierace. E se da un lato in quanto accaduto si potrebbero leggere delle somiglianze con l’uccisione del boscaiolo Procopio - il cui fondo agricolo confina peraltro con quello di Ierace - partendo proprio dall’aver colpito delle persone a bordo di un’auto, dall’altro potrebbero notarsi anche delle importanti differenze. In quest’ultimo agguato, infatti, non sembra essere stato studiato con cura il “terreno di battaglia”: la strada provinciale consente, infatti, di viaggiare a una velocità più sostenuta o di imboccare altre stradine rispetto alla isolata mulattiera teatro dell’omicidio di Procopio, che non ha potuto nemmeno abbozzare una fuga; dunque, chi ha deciso di colpire la famiglia Ierace, pur avendone studiato le abitudini e i movimenti, non si è occupato di ponderare bene l’intero quadro, finendo così per mancare quello che, in queste prime battute d’indagine, appare come l’obiettivo principale, quello di uccidere.

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