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Rodolfo Ruperti
capo della Mobile
di Palermo

"Sono dispiaciuto di andarmene da Catanzaro ma sono onorato di andare a dirigere la mobile di Palermo. Sono entrato in polizia col mito di quegli uomini che lottavano contro una mafia che veniva descritta come invincibile anche nella filmografia dell'epoca. Ho letto le biografie di Boris Giuliano e Ninni Cassarà". Lo ha detto il capo della squadra mobile di Catanzaro Rodolfo Ruperti, che da giovedì prossimo assumerà la guida della mobile di Palermo, incontrando i giornalisti per un saluto. Al suo posto, a Catanzaro, verrà l'attuale vice della mobile palermitana Nino De Santis.

 "E' un'avventura, per certi inattesa, speriamo che me la cavo" ha aggiunto sorridendo. La squadra mobile di Catanzaro, sotto la direzione di Ruperti - durata cinque anni - ha arrestato un migliaio di persone ed ha condotto più di 60 operazioni non solo in città ma, come organismo distrettuale, anche in provincia, soprattutto contro le cosche di 'ndrangheta di Lamezia Terme, ma anche nel vibonese. "Lascio - ha detto il dirigente - una mobile più forte. Quando sono arrivato aveva 50 uomini. Ora ne ha 80, grazie ai rinforzi ministeriali ad hoc ed inoltre è stata elevata di livello per essere guidata da un primo dirigente. Lascio l'ufficio arricchito dell'esperienza trasmessa dai colleghi e dai ragazzi ai quali spero di avere trasmesso anch'io qualcosa. E' stata un'esperienza importantissima. Venendo da Caserta, all'inizio pensavo fosse un passo indietro. Qui ho trovato tante cose da fare ma non capivo perché non avessero una visibilità anche mediatica. Poi mi sono reso conto che era per la qualità del lavoro. Adesso, grazie anche all'attività della Procura le cose sono cambiate. Abbiamo lavorato tanto sulla città, sui fenomeni mafiosi e sulla droga. E poi su Lamezia Terme. Quando sono arrivato boss e gregari delle cosche erano liberi. Ora sono detenuti". Ruperti, nella sua carriera, è stato al Commissariato di Palmi, poi ha diretto le squadre mobili di Vibo Valentia, Caserta e Catanzaro, affrontando così 'ndrangheta e camorra. Adesso la nuova sfida con la mafia. "Credo - ha detto - che per battere qualsiasi tipo di mafia sia necessario un cambio di cultura. Le mafie si cibano di omertà e paura. A fianco del nostro lavoro, dunque, ci deve essere un cambio culturale". (ANSA)

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