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'Ndrangheta, inflitti 2 secoli e mezzo di carcere

tribunale generico

Ventuno condanne rideterminate alle quali se ne aggiungono altre otto confermate; quattro nuove assoluzioni, la conferma dell’assoluzione come nel primo grado del boss di Cutro Nicolino Grande Aracri; con due secoli e mezzo di carcere inflitti complessivamente ai 29 riconosciuti colpevoli. Sono i numeri della sentenza emessa nella tarda mattinata di ieri dalla Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro presieduta da Anna Maria Saullo (consigliere a latere Antonio Saraco) nel terzo processo d’appello di uno dei procedimenti scaturiti dalle operazioni dalla Dda e dalla Squadra Mobile della Polizia di Stato denominati “Eracles” e “Perseus” dell’aprile e dell’autunno del 2008.
I giudici erano chiamati a giudicare 34 delle 93 persone coinvolte nelle due maxinchieste antimafia, che il 10 marzo del 2010, vennero giudicati in primo grado dal gup col rito abbreviato. Un giudicato già esaminato per due volte in Assise d’Appello e per due volte annullato con rinvio per la parte che riguarda i 34 alla sbarra (l’ultima del 29 ottobre del 2014).
Come è noto il procedimento si basa sul lavoro investigativo condotto all’epoca dalla Squadra Mobile della Polizia di Stato coordinata dal sostituto della Dda Pierpaolo Bruni allora applicato al Crotonese. Nelle carte dell'inchiesta che risale a 8 anni fa, sono indicati i presunti capi e gregari delle cosche crotonesi: i Vrenna-Corigliano-Bonaventura, i Macrì del rione Gesù; la cosca Megna di Papanice con gli scissionisti che sarebbero capeggiati da Leo Russelli.
Estorsioni, danneggiamenti, traffico di droga, armi, attentati: questi i reati contestati nel processo, nel quale invece Francesco Cardamone doveva anche rispondere di concorso nell’omicidio di Leonardo Covelli avvenuto nel 2 novembre del 2000. Ma da questa grave accusa Cardamone (difeso dall’vv. Giuseppe Spinelli), è stato assolto mentre è stato condannato a 6 anni e 4 mesi per traffico di droga. Per lui il sostituto Pg Maria Alessandra Luberto aveva chiesto la conferma della condanna del primo grado quando gli vennero inflitti 19 anni e 8 mesi di reclusione.
Il pg Raffaella Sforza aveva a sua volta pronunciato la requisitoria per gli altri 33 imputati. Fra i quali Sergio Vrenna uno dei presunti capibastone della cosca condannato ieri a 14 anni (16 anni nel primo grado); mentre a Leo Russelli, presunto boss di Papanice sono stati inflitti nel giudizio di ieri 15 anni, 6 mesi e 20 giorni rispetto ai 18 anni che gli inflisse il gup di Catanzaro nella sentenza del 10 marzo 2010 che è quella da prendere come riferimento, dopo l’annullamento dei due giudizi d’appello. La Corte d’Assise d’Appello confermando ieri per lui il giudicato del gup, ha inoltre ribadito l’assoluzione dall’accusa di tentata rapina di Nicolino Grande Aracri che invece nell’appello annullato era stato condannato a 4 anni e 8 mesi. Il capocosca di Cutro è stato difeso dagli avvocati Sergio Rotundo e Salvatore Staiano. Sono stati inoltre assolti da tutti i reati loro contestati Carmelo Gullà e Antonio Foschini, difesi entrambi dall’avv. Aldo Truncè; Francesco Gumari assistito dall’avv. Pino Napoli e Giuseppe Lidonnici (avv. Ercole Cavaretta), tutti accusati di reati di droga. Come gran parte degli altri imputati condannati, ai quali è stata applicata l’aggravante dell’art. 7 della legge antimafia.
Davanti ai giudici dell’Assise d’Appello gli imputati sono stati difesi da un nutrito collegio composto tra gli altri dagli avvocati: Enzo Vrenna, Enzo Iopolli, Paolo Carnuccio, Francesco Laratta, Luigi Colacino, Leo Sulla, Mario Lucente, Fabrizio Salviati, Enzo Vrenna, Pietro Pitari, Giuseppe Gallo.

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