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Default al Comune,
le spese dei commissari

Default al Comune, le spese dei commissari

In città sono arrivati il 20 dicembre 2013, dopo la nomina (con decreto presidenziale) del 18 novembre 2013. Due anni fa ormai. Una presenza silenziosa. Un atto dovuto, dopo la dichiarazione di dissesto finanziario deliberata dal Consiglio comunale il 21 giugno 2013. Così per l’organo straordinario di liquidazione che gestisce l’indebitamento pregresso, chiamato ad adottare tutti i provvedimenti necessari per l’estinzione dei debiti del Comune. E proprio ai tre componenti – Carla Caruso, Andrea Casiglia e Domenico Piccione – il compito di certificare la massa passiva per passare, alle “trattative” con quanti verso il Municipio vantavano crediti.

Un lavoro complesso e lungo. E dal dicembre 2013 ad oggi, infatti, di proroghe (la prima nel novembre 2014) ce ne sono state diverse. L’ultima quella concessa dal ministero dell’Interno a novembre, che scadrà il prossimo 15 marzo. Perché ci sono state difficoltà organizzative, perché spesso è mancata la collaborazione, tanto da dover richiedere consulenze esterne. Questi ed altri motivi che passano dai provvedimenti firmati dai commissari. Tutti atti dovuti, per una gestione che si affianca a quella politica.

Perché ha due facce il Comune da due anni: quella degli eletti e quella dei commissari.

Spese su spese, perché da qualche parte qualcuno ha sbagliato, portando al default il Comune. Ma il default lo pagano i cittadini. Prima, dopo e durante. Considerato che a causa del dissesto tutte le aliquote sono state portate al massimo. Considerato che quei privati che avevano un credito nei confronti del Comune si troveranno a dover trattare con la commissione su cifre che erano dovute ma che ora potranno ottenere dal 40 % al massimo di un 70% del dovuto, a meno che qualcuno non opti, rifiutando l’offerta, per le vie lunghe. E questo mentre la politica resta al suo posto. Alleggerita dal lavoro dell’Organo di liquidazione che si occupa del debito pregresso.

Una questione di “sistema” Italia, dove nel conto entrano anche le spese della commissione, oltre ai compensi. Atti dovuti e quanto dovuto, sia chiaro. Ma che naturalmente incide sui contribuenti. Perché seppur tutto è «a carico della commissione», la spesa ha sempre un comune denominatore: il contribuente, dal quale nasce il bilancio, anche attraverso i tributi pregressi, gestito dall’Organo. Così in attesa che venga certificata la massa passiva, lavoro che sembra a buon punto – l’attività di acquisizione delle istanze è finita il 31 marzo 2014 e in tutto sono 715 quelle giunte per un valore di 29 milioni 874mila 469,46 euro di crediti presunti – vista la mole degli atti pubblicati nella selezione di ammissione e non ammissione al debito, al momento restano tutti gli atti firmati.

Dalle consulenze, ai rimborsi, dal lavoro straordinario ai dipendenti e alla necessità di chiedere proroghe perché il meccanismo di quel lavoro a volte si è inceppato. Atti che solo per il 2015 risultano numerosi. Così inizia il viaggio nei 12 mesi di commissione, che tra gli atti vede anche l’impegno spesa per un pc, considerato che c’era la «necessità di avvalersi di idonea strumentazione per espletare la propria attività, tra cui un almeno un computer efficiente, non messo finora a disposizione dal Comune», per cui con deliberazione n. 12 del 18 marzo si è impegnata la somma di 680 euro. E così anche per un fotoriproduttore efficiente, neanche questo «messo a disposizione dal Comune» per cui si è deliberato (n. 52 del 26 agosto) di impegnare la somma di 590 euro più Iva. Una mancata collaborazione che sembra un leitmotiv. Sic, mentre il Paese naviga nella spending review, l’anomalia è che due volti dello Stato non riescano a camminare insieme.

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