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Dal Brasile a Squillace nel segno dell’amore di Dio

Dal Brasile a Squillace nel segno dell’amore di Dio

Quando dal cuore di una donna escono sussulti d’amore, l’uomo gioisce e spera. Pensate cosa voglia dire questo, quando quel cuore appartiene ad una donna che, rispondendo alla “chiamata” di Dio, decide, ancora giovane, di isolarsi dal resto del mondo e scegliere di pregare, nel chiuso della sua “cella”. È suor Marilene Moreira de Almeida. Si trova nel Seminario di Squillace dove, dal 14 maggio del 2014, «da quando, come dice il Vicario generale della Diocesi di Squillace monsignor Raffaele Facciolo, lo Spirito Santo piantò le tende». Qui vivono, nella solitudine delle loro “celle” assieme a lei altre sei suore di clausura. Una presenza fortemente voluta ed incentivata dal Vescovo Metropolita di Catanzaro-Squillace monsignor Vincenzo Bertolone. Nel chiuso della sua “cella”, suor Marilene, brasiliana, coordinatrice della comunità contemplativa carmelitana “Messaggere dello Spirito Santo” di Squillace, trascorre il suo tempo terreno. Ha riflettuto a lungo prima di farlo, poi, ha deciso di trasformare gli “appunti di un’anima” in un libro. La pubblicazione, intitolata “Nel volto di Gesù, la Misericordia del Padre”, segue gli itinerari del Vangelo, da Betlemme al Tabor, dal Getsemani alla Via dolorosa e dal Calvario al giardino della Risurrezione. Suor Marilene ha voluto mandare in stampa, affidando la pubblicazione alla casa editrice “La Rondine”, lo scritto che racchiude le meditazioni fatte in questi primi sei mesi dell’anno della Misericordia, come voluto da Papa Francesco, per farci “vedere”, in diversi modi, come ci evidenzia nelle diverse terzine che accompagnano i capitoli. È per questo che abbiamo chiesto a suor Marilene di poterla incontrare. Lei ha accettato e si è presentata all’appuntamento, dietro le grate, accompagnata da un delle più giovani monache di clausura, suor Luciana, anch’ella brasiliana.

Suor Marilene, “Nel volto di Gesù, la Misericordia del Padre”, cosa vuol dire?

«Vuol dire che Gesù in ogni atto ha dimostrato la presenza del Padre. Il padre agisce nella persona di Gesù».

Parla con il linguaggio della Misericordia, dell’Amore e del Perdono, quale significato devono avere per l’uomo comune queste tre parole?

«La Misericordia è perdono in atto, scaturisce dal cuore amoroso del Padre che è amore infinito. L’uomo non deve mai disperarsi per la salvezza. Bisogna abbandonarsi nella mani di Dio con grande fiducia. La Misericordia nasce dall’amore del Padre ed il perdono di Dio ce lo portò sulla terra Gesù, pagando il prezzo del nostro riscatto con il suo Sangue Redentore».

Da Maria, primo segno della Misericordia, un richiamo alle ragazze di oggi, esaltando la castità prematrimoniale. Lei non crede che la sua voce rischia di restare un grido inascoltato?

«La giovane educata in una famiglia cristiana ha la grazia per sopportare ogni tentazione che proviene dalla società per via del suo attaccamento ai Sacramenti. Ragazza e ragazzo devono essere d’accordo nel decidere di arrivare casti all’Altare per formare una famiglia nella grazia di un focolare cristiano. Bisogna radicarsi nella Parola di Dio perché una famiglia, solo se ha le sua fondamenta nel Signore potrà essere felice anche in mezzo alle sofferenze. Forse la mia voce può apparire fuori tono ma, da cristiana, è mio dovere, come tutti i cristiani, di richiamare agli altri la giusta visione della Chiesa. La castità prematrimoniale è possibile mediante una vita di preghiera».

Sono passati due anni dal suo ingresso nell’ordine delle suore claustrali, cosa le manca della vita che è rimasta fuori?

«Ancora prima di entrare in convento vivevo in intimità con Dio, avevo già la consacrazione dei tre voti: di castità, povertà ed obbedienza. Lavoravo e studiavo. La vita conventuale è stata una chiamata a vivere la consegna totale a Dio e la clausura la ricerca di un’intimità più intensa. Con la Santa Trinità che mi ha chiamata alla vita ed alla vocazione come dono per gli altri. Da sei anni e sette mesi sono suora di clausura. La clausura è stata la mia prima scelta da quando Gesù mi chiamò a seguirlo. I primi quindici anni della mia vita consacrata ho vissuto nella Vita Apostolica. Prima di Squillace sono stata a Capua. Niente mi manca. Vivo soltanto in Dio e per Dio».

Cosa manca all’uomo di oggi per abbandonarsi alla Misericordia?

«Non conosce l’amore di Dio. Forse l’uomo porta in sé tanti traumi, gli manca il senso del perdono. Questo l’ostacola. Dobbiamo pregare tanto per lui».

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