Aveva rapporti con l’avvocato Antonio Galati e attraverso il legale interloquiva pure con gli ex dirigenti della squadra Mobile, Maurizio Lento ed Emanuele Rodonò; ma soprattutto aveva un piano: eliminare il boss Carmelo Lo Bianco (detto Piccinni) e Enzo Barba (alias il Musichiere). Sono queste le questioni su cui si è soffermato il pentito Andrea Mantella, contenute nei verbali che, ieri mattina, il pm Camillo Falvo ha depositato nell’ambito del processo “mafia e istituzioni”, scaturito dall’operazione Purgatorio condotta da carabinieri del Ros, squadra Mobile e Guardia di Finanza, sotto il coordinamento della Procura distrettuale antimafia di Catanzaro.
Il pentito afferma di avere conosciuto l’avvocato Galati tramite un pastore, parente del legale. E riferisce di aver appreso dallo stesso penalista (oggi imputato insieme ai due ex dirigenti della Mobile) che il legale difendeva “Zio Antonio”, ovvero Antonio Mancuso, attualmente detenuto nel carcere di Opera (Milano), perché coinvolto nell’operazione denominata Black money. Mantella, in sostanza, aveva appreso che l’avvocato Galati era un tipo «trasiticcio», ovvero ben addentrato negli ambienti delle forze dell’ordine e, quindi, utile, evidentemente, alla sua causa di criminale che mirava a scalzare i vertici della cosca Lo Bianco-Barba. Ed in virtù di questi rapporti lo stesso pentito era arrivato ad interloquire direttamente sia con il dott. Maurizio Lento che con il dott. Emaneule Rodonò. E per allentare la pressione che la squadra Mobile in quel periodo esercitava su Mantella sarebbe addirittura intervenuto lo stesso Galati, tanto che, da quel momento, non avrebbe avuto più problemi. Infatti, come dallo stesso riferito quando un poliziotto aveva ritenuto di sottoporlo a controlli, Mantella si sarebbe presentato dal dirigente della Mobile per rappresantargli le sue lamentele. In quell’occasione il dott. Lento lo avrebbe tranquillizzato dando dello «scemo» al suo agente.
Tutto da chiarire, pertanto, anche un altro aspetto riguardante i rapporti tra Andrea Mantella e gli ex dirigenti della Mobile. Il pentito avrebbe dichiarato di essere stato invitato a «voce bassa» dal dott. Maurizio Lento a «lasciare in pace» Enzo Barba e Carmelo Lo Bianco. Un invito che sarebbe stato rivolto al pentito negli uffici della Questura e proprio dopo che Mantella aveva fatto sapere ad alcuni suoi alleati di voler eliminare le due figure apicali della cosca che, in quel periodo, controllava l’intero territorio di Vibo Valentia.
Mantella era, infatti, uscito da poco dal carcere e aveva chiesto ai capi della consorteria, alla quale lui stesso apparteneva fin da quando aveva sedici anni, aiuti finanziari con i fondi della “bacienella” ma ciò gli sarebbe stato negato. Per giustificarsi i Lo Bianco avevano detto che le somme erano state date ad un noto imprenditore turistico-alberghiero affinchè le custodisse e che lo stesso non le avrebbe potute restituire perché in quel momento si trovava in difficoltà economiche.
Una versione che Mantella non aveva mandato giù, al punto che lo stesso avrebbe subito fatto sapere a Pantaleone Mancusso (alias Scarpuni) che da quel momento a Vibo il capo sarebbe stato lui. Da qui, l’allarme scattato negli ambienti della criminalità organizzata, perchè quelle affermazioni erano il segnale che da un momento all’altro qualcosa doveva accadere. E, infatti, il piano di Mantella era piuttosto chiaro sulla base di quanto emerge dai verbali: bisognava passare all’azione ed eliminare Enzo Barba ed il capo carismatico della cosca, ovvero Carmelo Lo Bianco. Per fare questo Mantella aveva chiesto aiuto ai suoi alleati, i Piscopisani ed i Giampà. Un piano di cui stranamente erano venuti a conoscenza i vertici della Mobile, tanto che il dirigente Maurizio Lento invitò Mantella a «lasciare perdere».
In particolare, Andrea Mantella aveva pensato di uccidere Enzo Barba, direttamente a casa, quando questo si fosse affacciato sul balcone, mentre Piccinni poteva essere benissimo eliminato all’uscita dalla sua abitazione. Un piano che Pantaleone Mancuso non poteva accettare, anche perché i Lo Bianco rappresentavano l’espressione della cosca di Limbadi sul territorio vibonese. E a sconsigliare gli agguati, che avrebbero sicuramente sconvolto l’assento ‘ndranghetistico della città, sarebbe stato tuttavia il messaggio che il dirigente della Mobile ha sussurrato a «bassa voce» a Mantella, quando presentatosi in Questura per firmare lo avrebbe invitato a «lasciare perdere Barba e Lo Bianco».
Il pentito, tuttavia, è stato ammesso a testimoniare davanti al Tribunale (presidente Alberto Filardo) il prossimo 25 novembre e subito dopo sarà chiamato a deporre il vice dirigente della Mobile Emanuele Rodonò.
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