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Il pentito Bono racconta agguati e omicidi

Il pentito Bono racconta agguati e omicidi

Gli omicidi, i tentati omicidi e la guerra di mafia con il gruppo dei cosiddetti Piscopisani sono stati ieri al centro delle dichiarazioni del pentito Daniele Bono che ha deposto, collegato in videoconferenza da un sito riservato, nell’ambito del processo Romanzo Criminale. Alla sbarra la cosca Patania di Stefanaconi e loro affiliati a cui viene contestata l’accusa di associazione mafiosa, usura, estorsioni, armi e danneggiamenti.

La ricostruzione dei fatti, avvenuta davanti al Tribunale collegiale (presidente Lucia Monaco, a latere Giovanna Taricco e Pia Sordetti) si lega e per alcuni aspetti rafforza quanto già dichiarato dalla collaboratrice di giustizia Loredana Patania, compagna dello stesso Daniele Bono e nipote di Nato Patania, assassinato nel settembre 2011 nella vallata del Mesima. Sia la Patania che Daniele Bono durante la guerra di mafia hanno vissuto per alcuni mesi insieme nelle casa di Giuseppina Iacopetta (moglie del boss Nato Patania) venendo pertanto a conoscenza di una serie di vicende delittuose che in quel periodo sarebbero state programmate dai fratelli Patania.

E rispondendo alle domande del pubblico ministero Andrea Mancuso, il collaboratore di giustizia è tornato a ricostruire gli omicidi di Francesco Scrugli, assassinato in una palazzina di Vibo Marina nel marzo 2012 e di Giuseppe Matina, freddato davanti la propria abitazione nel febbraio dello stesso anno. Entrambi gli omicidi, secondo quanto riferito da Daniele Bono, ordinati e pianificati nei minimi particolari dai Patania per vendetta. In sostanza Scrugli doveva morire perché ritenuto l’autore dell’omicidio del boss Nato Patania mentre Matina, benché marito di Loredana, è stato eliminato perché sarebbe stato l’autore dell’attentato dinamitardo alla Valle dei Sapori, il ristorante annesso al distributore di carburante dei Patania nella vallata del Mesima.

Ed entrando nel merito di queste vicende, benché i responsabili di questi efferati delitti siano stati già processati e condannati in altri procedimenti, Bono ha prima indicato i nominativi dei componenti l’organizzazione criminale di Stefanaconi, affermando che le decisioni importanti venivano prese dai fratelli Saverio, Salvatore e Giuseppe Patania, nonché dalla mamma Giuseppina Iacopetta e da Pantaleone Mancuso (alias Scarpuni). Ha quindi spiegato che il primo bersaglio doveva essere Francesco Scrugli, poi Rosario Battaglia e Rosario Fiorillo del gruppo dei Piscopisani. A proposito dell’omicidio Scrugli ha ribadito che ad ucciderlo sono stati Vasvi Beluli e Mauro Graziano Uras (il primo condannato a 14 anni perché agevolato dalla sua posizione di collaboratore di giustizia e il secondo all’ergastolo). Per quanto riguarda, invece, l’omicidio di Giuseppe Matina gli esecutori sono stati Arben Ibrahimi e Cristian Loielo, sempre su mandato dei fratelli Patania.

Matina, secondo quanto spiegato dallo stesso Bono, era un soggetto vicino ad Emilio Bartolotta, pertanto ai Bonavota ed ai Piscopisani. La sua morte è stata decretata dai fratelli Patania dopo che questi – secondo Bono – avevano appreso indirettamente dal maresciallo Sebastiano Cannizzaro che era stato lui a mettere la bomba alla Valle dei Sapori.

Il collaboratore di giustizia ha detto di avere partecipato pure lui alle riunioni che i Patania facevano spesso nelle loro case o al capannone. Bono ha poi aggiunto di avere accompagnato in più di un’occasione Saverio Patania a casa di Pantaleone Mancuso «e due volte – ha detto – ho partecipato all’incontro durante il quale parlavano di Scurgli e Battaglia e di Uras e Beluli che dovevano ammazzarli».

Il pentito si è soffermato pure sulla carabina di precisione fornita da “Scarpuni” per eliminare Scurgli; attentato che non è andato a buon fine perché in quell’occasione la vittima designata è rimasta solo ferita. A tal proposito il collaboratore di giustizia ha spiegato che è stato lui insieme a Nicola Figliuzzi ad andare a prenderla da Pantaleone Mancuso e consegnarla a Beluli e Ibraim che dovevano mettere in atto l’agguato davanti al casa di Scrugli.

Infine, Daniele Bono, ha spiegato che i Patania erano pure nel giro dell’usura indicando alcune delle vittime: tale Antonio Donato di Sant’Angelo di Gerocarne e Franco Ceravolo, titolare di un autosalone in città. Ne primo caso siccome la vittima era in difficoltà e non pagava, secondo il racconto di Bono i Patania si erano impossessati di mezzi agricoli. Per quanto riguarda Ceravolo, invece, sono entrati in possesso prima una Fiat Punto e successivamente di una Mercedes fino a quando il commerciante non è riuscito a pagare.

Il gruppo disponeva di armi e munizioni a volontà. La guerra di mafia ingaggiata con i cosiddetti Piscopisani si preannunciava piuttosto lunga e cruenta. Secondo le dichiarazioni di Daniele Bono quasi tutti i componenti della cosca camminavano armati anche se fucili e kalashnikov venivano tenuti in posti differenti e nei pressi del capannone dei Patania nelle campagne di Stefanaconi. Secondo quanto affermato da Bono i killer erano stati ingaggiati dopo i primi agguati andati a vuoto. Solo allora si è capito che servivano uomini in grado di sparare e ammazzare perché solo in questo modo si potevano affrontare i Piscopisani. Per questo motivo, secondo quanto dichiarato da Bono, sono stati ingaggiati tramite Salvatore Callea. A tal proposito Bono ha riferito di essere andato lui a prenderli a Canino (Vitermo) dove risiedevano.

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