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Pizzo al 3% sui lavori della Trasversale

Pizzo al 3% sui lavori della Trasversale

Il tre per cento. A tanto ammontava l’estorsione prestabilita nel settore dei lavori pubblici e non solo nel territorio delle Preserre e del basso Jonio soveratese. Il dato spunta fra le pagine dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Massimiliano Sestito, 45 anni, Cosimo Zaffino, 35, e Pietro Catanzariti, 48, indagati per associazione a delinquere di stampo mafioso nell’ambito del terzo filone dell’inchiesta “Showdown” che dal 2011 ad oggi ha smontato pezzo dopo pezzo i gruppi ‘ndranghetistici della zona e mandato alla sbarra i suoi affiliati. Tutto questo viene riepilogato dall’inchiesta che ieri è venuta alla luce e i cui dettagli sono stati spiegati dal procuratore aggiunto di Catanzaro Vincenzo Luberto e dai carabinieri del comando provinciale e della compagnia di Soverato, trovando nuove conferme grazie a varie testimonianza dei collaboratori di giustizia tra i quali Gianni Cretarola, che ha trascorso periodi in carcere con Sestito (fu arrestato per l’omicidio dell’appuntato dei carabinieri di Soverato Renato Lio, avvenuto nel 1991) che lo ha inserito nei “ranghi” della consorteria criminale e guidato da dietro le sbarre per curare i suoi interessi. Nelle sue parole vi è la minuziosa descrizione della geografia criminale dell’area, paese per paese, con le rispettive appartenenze all’uno o all’altro schieramento, Gallace o Novella, nemici o amici. E in questo mare di racconti, di episodi, d’incontri, chiarimenti e ricostruzioni scorre anche il fiume di sangue che tra il 2008 e il 2010, con la “Faida dei boschi”, ha insanguinato questa porzione di provincia catanzarese con qualche sconfinamento nel vibonese e nell’alto reggino, perché i confini delle province sono soltanto espressioni formali, che scoloriscono nell’azione ‘ndranghetistica. Una guerra, la “Faida dei boschi”, che stando al racconto di Cretarola «viene innescata proprio da una richiesta di Sestito», quando avrebbe mandato a chiedere 20mila euro a un cantiere di Gagliato sul quale «lavoravano i fratelli Iozzo», ritenuti nemici e peraltro “abusivi” in quanto stavano lavorando in un paese che invece sarebbe stato riconosciuto nella sfera d’influenza proprio di Sestito. Il «tre per cento» di cui Cretarola parla al procuratore aggiunto Giovanni Bombardieri e al pm della Dda Vincenzo Capomolla emerge proprio nell’ambito dei lavori per la costruzione della Trasversale delle Serre a Gagliato, centro che Sestito vede come suo e nel quale nessun altro ha il “diritto” di lavorare in opere pubbliche, almeno non senza pagare il dazio. Appunto quel tre per cento che poi assume una valenza extraterritoriale quando Cretarola sottolinea che «è una cifra prestabilita che qualsiasi operante già mette in preventivo; quindi se si fosse deciso di fare un porto nei pressi di Soverato sempre sarebbe stato il 3%». Questa percentuale veniva distribuita, spiega il collaboratore ricordando quanto gli aveva riferito Sestito, ai paesi che direttamente venivano attraversati da questa strada, ovvero alle consorterie del luogo: «Se la strada passa da Gagliato va da sé che la percentuale maggiore deve essere corrisposta a Gagliato. Se a San Sostene questa strada non passa, godrà dei benefici che la ‘ndrina ha in merito: che ne so, potrà fornire l’operaio, ma la percentuale maggiore andava disposta dove la strada passava». Per gli inquirenti, poi, la partecipazione di Massimiliano Sestito alla compagine Procopio-Sia-Tripodi, col ruolo di presunto capo ‘ndrina di Gagliato, viene confermata dall’incrocio dei racconti dei collaboratori (oltre a Cretarola, Bruno Procopio e Vincenzo Todaro); viene così ricostruito il suo ruolo di «mandante delle estorsioni in danno di imprenditori (soprattutto in relazione alla Trasversale) nonché quale referente per il territorio nel traffico di marijuana».

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