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Delitto Cricrì, gli imputati subito a processo

Delitto Cricrì, gli imputati subito a processo

Disposto il giudizio immediato per i tre imputati ritenuti, a vario titolo, responsabili dell’omicidio di Giuseppe Damiano Cricrì, 48 anni di Melicuccà di Dinami.

Il gip del Tribunale di Vibo, Gabriella Lupoli, ha infatti accolto la richiesta di decreto di giudizio immediato, avanzata dal pm Barbara Buonanno lo scorso gennaio.

Subito un processo, dunque, per evidenza della prova, a carico di Liberata Gallace, 52 anni, originaria di Gerocarne ma residente a Piani di Acquaro (attualmente la donna è detenuta nella casa circondariale di Reggio Calabria), per il figlio Alfonsino Ciancio, di 28 anni (il giovane si trova ai domiciliari) e per Fiore D’Elia, 64 anni di Gerocarne (anch’egli ai domiciliari). Procedimento la cui prima udienza è stata fissata dal gip per il prossimo 23 maggio davanti ai giudici della Corte d’Assise di Catanzaro. Parte offesa del processo sono il padre e la madre della vittima, la sorella, il fratello e la figlia che Cricrì aveva avuto dalla moglie.

La Gallace (difesa dall’avv. rosario Lopreiato), il figlio (avv. Bruno Ganino e avv. Lopreiato) e il D’Elia (avv. Giovanna Fronte) il 30 novembre dello scorso anno sono stati raggiunti da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. In particolare l’omicidio viene contestato alla donna, mentre di soppressione o sottrazione di cadavere dovranno rispondere il figlio e D’Elia. Inoltre a tutti e tre viene contestata l’aggravante del fatto commesso in concorso su cosa esposta per necessità alla pubblica fede e per occultare ovvero per conseguire l’impunità del delitto.

A poco più di tre anni dal rinvenimento del corpo carbonizzato di Giuseppe Damiano Cricrì, all’interno della sua Fiat Panda anch’essa distrutta dalle fiamme, i carabinieri della Compagnia di Serra San Bruno e la Procura di Vibo, infatti, sono riusciti a chiudere il cerchio attorno ai presunti responsabili del delitto. Un caso, quello dell’assassinio del 48enne, che si era anche candidato a sindaco di Dinami, molto complesso e sul quale inizialmente era stata anche fatta l’ipotesi del suicidio. Ipotesi, però, subito scartata sulla base di elementi riscontrati già nell’immediatezza del rinvenimento e delle successive perizie medico-legali, nonché da approfonditi esami. Approfondimenti svolti dal medico legale Katiuscia Bisogni e dalla prof. Elena Cattaneo, genetista, che avevano ricevuto l’incarico dalla Procura.

Un delitto alla cui base ci sarebbe stato un movente passionale. Dalla ricostruzione degli inquirenti, infatti, emerge che Giuseppe Damiano Cricrì, dopo la separazione dalla moglie aveva stretto una relazione sentimentale con Liberata Gallace, a sua volta separata in casa dal marito. Un’attrazione piuttosto morbosa da parte della donna che si sarebbe manifestata proprio nel momento in cui Cricrì aveva deciso di dare un taglio netto a quella storia. Pur di non perderlo, la Gallace lo avrebbe tallonato e cercato ovunque, entrando in maniera quasi asfissiante nella vita privata dell’uomo. E per convincerlo a fargli cambiare idea gli avrebbe anche fatto credere di essere rimasta incinta. Ma nessun motivo aveva fatto cambiare idea a Cricrì il quale era determinato a chiudere a ogni costo quel rapporto che andava avanti da circa otto mesi.

E quando la donna si sarebbe resa conto che tutto era finito avrebbe fatto scattare il suo “piano diabolico” dando appuntamento al 48enne in un luogo appartato (località “Boschetto”, alla periferia di Limpidi di Acquaro) e in orario notturno. Probabilmente l’incontro avrebbe dovuto essere chiarificatore prima di interrompere definitivamente la relazione. Invece, per motivi ancora non del tutto chiari, quella sera, secondo la ricostruzione fatta dai carabinieri e dai magistrati Michele Sirgiovanni (attualmente procuratore facente funzioni) e dall’allora pm Barbara Buonanno (oggi in altra sede), Cricrì è stato colpito con un oggetto contundente alla testa, alla faccia e in diverse parti del corpo. In pratica prima di morire l’uomo sarebbe stato letteralmente massacrato di botte. Sulla base di quanto emerso pure nel corso dell’autopsia, la vittima avrebbe riportato gravissime lesioni interne tali da cagionarne il decesso. Il corpo dell’ex candidato a sindaco di Dinami, sarebbe stato quindi caricato con l’aiuto di Alfosino Ciancio e di Fiore D’Elia, sul sedile posteriore della sua stessa auto e trasportato in località Petrignano di Acquaro, un zona ancora più isolata, dove con il fuoco gli imputati avrebbero cercato di cancellare ogni traccia, nel tentativo di far passare quell’orrendo delitto per un suicidio. Una versione che comunque che non ha mai pienamente convinto gli inquirenti.

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