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Lele Palermo trucidato all'interno della sua auto

Lele Palermo trucidato all'interno della sua auto

Il 4 aprile di dodici anni fa un commando chiudeva i conti con il boss Lele Palermo – padrone indiscusso del territorio di Maierato – con armi che sarebbero state fornite ai Bonavota da Vincenzino Fruci e da Francesco Michienzi. A supportare l’azione di fuoco, con la segnalazione dell’arrivo del boss sul viale di un’azienda agricola per immettersi sulla statale 18 e il recupero del commando, sarebbero stati Andrea Mantella e Domenico Bonavota.

Raffaele Cracolici (noto come Lele Palermo proprio perché la famiglia è originaria del capoluogo siciliano) a bordo di una Punto stava lasciando l’azienda agricola. Percorreva il viale che conduce alla Statale 18, quando l’auto si ritrovò sotto la raffica di kalashnikov e pallettoni. Un agguato pianificato perché da tempo il boss di Maierato era tenuto sotto controllo. In pratica a Lele Palermo non fu concesso scampo. Da località Bosco Madonna, un’altura di Francavilla Angitola, il capobastone – che aveva fatto terra bruciata attorno all’area commerciale di Maierato, suo dominio assoluto – veniva tenuto d’occhio con un potente binocolo. Anche la mattina del 4 maggio del 2004 ogni suo gesto fu spiato. Non appena l’auto si mise in moto dall’altura partì il segnale per i killer, appostati con un furgone Ducato di colore bianco proprio in prossimità del cancello automatico dell’azienda agricola.

Appena la Punto comparve iniziò il concerto di morte. Kalashnikov e un fucile caricato a pallettoni vomitarono sul boss di Maierato un volume di piombo impressionante, inchiodandolo al sedile. Il fuoco continuò per diversi secondi; gli assassini, vestiti con abiti scuri, si avvicinarono sparando alla Punto.

Compiuta la missione i killer abbandonarono il luogo del massacro. Risalirono di fretta sul furgone lasciando il boss, sfigurato dal piombo sparatogli in faccia (sei dei colpi di mitraglietta esplosi lo raggiunsero alla testa da distanza ravvicinata), riverso sul sedile e nel suo sangue.

Morì così Lele Palermo temuto boss della zona, condannato a morte in nome dei profitti che altre cosche avrebbero voluto cogliere nella miniera d’oro del Parco commerciale La Rocca di Maierato e in tutta l’area industriale. Un omicidio le cui fasi furono riportate, nero su bianco, in alcune delle novecento pagine del fascicolo riguardante l’inchiesta “Uova del Drago”.

Fasi che furono raccontate dal pentito Francesco Michienzi il quale aveva partecipato sia alla riunione preparatoria, sia agli appostamenti sull’altura di Bosco Madonna e aveva svolto anche qualche sopralluogo in prossimità dell’azienda agricola di località “Speziale”. E il piano per fare fuori Lele Palermo – in base a quanto dichiarato dal collaboratore durante le deposizioni dell'aprile 2006 e del gennaio 2007 – sarebbe stato organizzato in un locale di Sant’Onofrio durante un pranzo al quale, oltre a Michienzi, Bonavota, Mantella e Scrugli avrebbero pure partecipato Vincenzino Fruci, Francesco Fortuna e Onofrio Barbieri, «detto Scupetta».

Una morte annunciata, pianificata e consumata il 4 maggio del 2004, quella di Raffaele Cracolici. E che niente fosse stato lasciato al caso lo si è capito anche dal furgone Ducato, usato dai killer per allontanarsi dal luogo dell'omicidio, e ritrovato bruciato in località Bosco Madonna, a distanza di qualche ora dall'assassinio del boss.

Sull’altura di Francavilla altri complici aspettavano il commando. Nella zona, infatti, sarebbe stata notata, tra le 8,55 e e le 9 del 4 maggio 2004, una Mercedes classe A di colore scuro che procedeva verso Bosco Madonna. Venti minuti più tardi è stato visto passare, a velocità sostenuta, il furgone in direzione opposta a quella dell'auto. Poco dopo tre persone si sono allontanate correndo nella direzione presa dalla Mercedes. Tutti e tre indossavano una tuta di colore scuro. 

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