La sua collaborazione con i magistrati antimafia di Catanzaro, le testimonianze ed i confronti nell’aula bunker del nuovo palazzo di giustizia di Vibo hanno fatto di Eugenio William Polito un soggetto chiave del processo denominato Black money. Un procedimento andato avanti tra mille ostacoli e non pochi colpi di scena che ha visto alla sbarra capi e gregari della potente cosca della ’ndrangheta vibonese ma letteralmente affossato da una sentenza, le cui motivazioni sono attese entro la fine del mese, che ha stabilito l’inesistenza dell’associazione mafiosa.
Tuttavia le accuse mosse dal pentito al boss Antonio Mancuso ed ai suoi uomini hanno retto e ciò è costato loro una condanna piuttosto pesante per estorsione. In ogni caso, Eugenio William Polito è stato tagliato fuori dal programma di protezione a cui era stato sottoposto da parecchi anni. La comunicazione partita direttamente dalla commissione centrale ex art. 10 che si occupa della tutela e della sicurezza di collaboratori e testimoni di giustizia, è stata notificata all’avvocato Claudia Conidi che nel processo Black money aveva assistito Giuseppe Polito, papà del collaboratore di giustizia. La decisione sarebbe maturata sulla base di una serie di presunte violazioni alle regole che vengono in genere imposte agli stessi interessati. E nelle contestazioni a carico di Polito l’elenco sembra piuttosto corposo anche se lo stesso, assistito dall’avvocato Giovanna Fronte, in molti procedimenti instaurati a suo carico nel corso degli anni, ne è uscito molto spesso a testa alta. Una delle vicende sulle quali il collaboratore sarebbe invece inciampato, al punto da decidere di patteggiare la pena, era legata ad un presunto sfruttamento della prostituzione anche se nel provvedimento adottato dalla commissione centrale vengono elencati una serie di reati e violazioni.
«Ritengo la decisione adottata dalla commissione centrale un atto sproporzionato – ha detto l’avvocato Claudia Conidi –. Per questo motivo ricorrerò al Tar per chiedere la revoca di tale assurdo provvedimento».
Polito con le sue dichiarazioni aveva permesso agli inquirenti di indagare a fondo su alcune estorsioni messe in atto dal boss Antonio Mancuso e sull’attività usuraia di alcuni suoi affiliati. In particolare, il collaboratore di giustizia aveva svelato che il boss aveva messo gli occhi su una lottizzazione edilizia di Capo Vaticano. In quell’occasione Mancuso aveva chiesto per lui una villetta, chiavi in mano, oppure il corrispettivo in denaro. Una vicenda che tuttavia non è andata in porto per volontà del padre di Eugenio William Polito. Circostanza questa confermata pure in aula al cospetto del Tribunale collegiale che arrivò a condannare Antonio Mancuso nonostante sia stata cancellata l’accusa più pesante nei confronti degli imputati: quella di associazione per delinquere di stampo mafioso.
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