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La doppia vita del killer dell'avvocato e quel viaggio in Turchia

La doppia vita del killer dell'avvocato e quel viaggio in Turchia

Le due vite del killer al servizio della cosca “della montagna”. Il 32enne lametino Marco Gallo, accusato adesso anche del clamoroso omicidio dell'avvocato Francesco Pagliuso, è in carcere ormai dallo scorso luglio: la Dda di Catanzaro lo ritiene responsabile anche degli agguati costati la vita a fruttivendolo Francesco Berlingieri il 19 gennaio sempre 2017, in via Fiume a Lamezia, e al ferroviere Gregorio Mezzatesta, a Catanzaro il 24 giugno del 2017 in pieno giorno, proprio davanti alla stazione delle Ferrovie della Calabria.

Gallo, con regolare porto d’armi per la pratica sportiva, è titolare di una società di consulenza elettrotecnica. Spesso frequentava il poligono di tiro. Nelle relazioni di servizio, i Carabinieri che hanno risolto il caso n lo descrivono come «un ragazzo atletico dedito all’attività sportiva, solito fare jogging e gareggiare in moto in alcuni italiani con le moto da corsa in proprio possesso». Due e quattro ruote: la moto da enduro usata per l’omicidio Mezzatesta, la Bmw blu station wagon dell'omicidio Pagliuso. E la passione per la corsa, come quella dello strano podista che corre in piena notte prima e dopo l’uccisione dell’avvocato immortalato per giorni dalle telecamere di videosorveglianza immediatamente acquisite dai Cc.

Sposato con la trentenne Federica Guerrise, infermiera professionale, Gallo avrebbe trascinato anche lei in un omicidio: la donna è in carcere dallo scorso ottobre per il delitto Berlingieri. Sarebbe stata al volante della Fiat Seicento che ha atteso il killer subito dopo l’omicidio. La coppietta per sfuggire all’attenzione della gente indiscreta aveva trovato casa a Falerna, vicino al mare. Ma lui aveva una Bmw station wagon, due grosse moto che si portava dietro col carrello, lei un’utilitaria. E un impianto di videosorveglianza dentro e fuori casa da far paura. Forse un po’ troppo per un elettrotecnico e un’infermiera.

Il giorno prima dell’omicidio Pagliuso, l’8 agosto 2016, Marco Gallo sarebbe stato al lavoro, pare che stesse collaborando ad una commessa per un ente pubblico. Di giorno un impegno, la notte un altro ben meno legale. Quello di Pagliuso è in ordine cronologico il primo omicidio contestato a Gallo. Tra un delitto e l’altro, secondo la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, ha anche trovato il tempo per una capatina in Turchia: nessun viaggio di piacere, è stato sottoposto a un’operazione per risolvere il problema della calvizie. E non è questo un elemento secondario per i Carabinieri: la parziale calvizie di Gallo, la cosiddetta “chierica”, era evidente nei filmati del podista ritenuto responsabile dell'omicidio dell’avvocato Pagliuso; lo era molto meno nelle immagini sul caso Mezzatesta, quando Gallo era già stato in Turchia.

La Dda guidata dal procuratore Nicola Gratteri ha cambiato valutazione su Gallo giorno dopo giorno. Un anno fa, al momento dell’arresto, si pensava fosse un infallibile killer professionista al soldo del migliore offerente. Ora, per usare le parole di Gratteri, viene ritenuto «quasi intraneo» alla cosca Scalise, a sua volta collegata sia ai Giampà di Nicastro che agli Iannazzo-Cannizzaro-Daponte di Sambiase. Per loro potrebbe aver portato a termine i tre omicidi. Commettendo certamente qualche errore, che lo rende un po’ meno “professionista”: andare sul luogo del delitto con la propria auto dotata di gps, telefonare alla moglie subito dopo col proprio telefonino, farsi immortalare dalle telecamere di videosorveglianza anche in occasione dei sopralluoghi preliminari. Sia Gallo che Guerrise si sono chiusi nel silenzio dopo i rispettivi arresti. L’uomo sarà riconvocato dalla Dda già nelle prossime ore.

Il movente

Pagliuso fu ucciso il 9 agosto 2016 con tre colpi di pistola. Il delitto sarebbe maturato nello scontro in atto fra la famiglia Mazzatesta e quella degli Scalise. Pagliuso era stato il difensore di fiducia di Pino e Daniele Scalise fino al 2013. Tutto sarebbe cambiato con l’omicidio di Giovanni Vescio e Francesco Iannazzo, avvenuto a gennaio di quell’anno nel bar “Del Reventino” a Decollatura. A ribaltare i rapporti sarebbe stata la decisione di Pagliuso di difendere in giudizio i due assassini. Ma non solo: l’avvocato avrebbe anche pagato l'amicizia con i Mezzatesta, che andava al di là del rapporto professionale. Tanto che gli Scalise lo avrebbero accusato di aver favorito la latitanza di Domenico Mazzatesta, costituitosi un anno e mezzo dopo il duplice delitto di Decollatura.

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