Una faida che, per un certo periodo, si è intersecata con quella in atto tra i Patania di Stefanaconi e il gruppo dei Piscopisani. Due fronti della guerra di ’ndrangheta nel Vibonese legati però, secondo le risultanze emerse, a una rete di alleanze contrapposte per il potere criminale sul territorio provinciale.
A diversi “cartelli” infatti avrebbero fatto parte i Loielo e gli Emanuele, anche se lo scontro armato avrebbe avuto lo stesso “regista”. Sull’insanguinato scacchiere Vibonese, infatti, un ruolo di primo piano lo avrebbe svolto, fino al suo arresto (marzo 2013), il boss Pantaleone Mancuso (alias Scarpuni) il quale – secondo gli inquirenti – avrebbe sostenuto le fazioni in “guerra”, creando un vero e proprio fronte, nelle Preserre con i Loielo e a Stefanaconi con i Patania, per arginare le manovre nei suoi confronti da parte degli Emanuele, dei Bonavota e dei Piscopisani – scrivono i sostituti distrettuali nel provvedimento di fermo – i quali avevano programmato la sua eliminazione.
In pratica, sulla scorta di quanto emerso da diverse operazioni (Gringia, Dietro le quinte e Romanzo criminale) il boss da una parte avrebbe fornito aiuto logistico e finanziario alla cosca dei Patania di Stefanaconi in guerra contro i Piscopisani, dall’altro avrebbe dato analogo supporto ai componenti della consorteria dei Loielo nella guerra contro gli Emanuele nelle Preserre.
E il contributo fornito dal boss della ’ndrangheta vibonese, durante il suo periodo di libertà, avrebbe rappresentato l’ago della bilancia a favore dei Loielo, considerato che in concomitanza con l’arresto dei fratelli Bruno e Gaetano Emanuele, i Loielo prendevano il sopravvento, colpendo e rispondendo agli attacchi della cosca avversaria.
Una situazione cambiata però a seguito dell’arresto del loro “supporter” che ha visto i Loielo subire ripetuti ripetuti attacchi, oltre ad essere coinvolti in vicende giudiziarie, con una conseguente battuta d’arresto rispetto all’obiettivo di conquistare l’egemonia criminale.
Nelle Preserre, all’omicidio dei fratelli Loielo (avvenuto nel 2002) la situazione si è mantenuta tendenzialmente stabile fino al 2012, quando l’indebolimento dell’organizzazione, dovuto ai numerosi arresti, tra cui i fratelli Emanuele ritenuti al vertice, ha favorito il riaccendersi di vecchi rancori e quindi l’inizio di una nuova faida, sviluppatasi con attacchi alterni tra parti contrapposte, ma che negli ultimi tempi ha visto soccombere proprio i Loielo i quali, animati dal risentimento per l’uccisione dei congiunti, avevano ripreso le ostilità nell’anno 2012.
Segnali erano giunti due anni prima (2009) con il tentato omicidio di Salvatore Inzillo poi ucciso nel giugno 2017 (vicino agli Emanuele). Nel novembre del 2011 l’agguato fallito a Giovanni Alex Nesci (contiguo ai Loielo) e a seguire: il tentato omicidio di Giovanni Emmanuele, l’omicidio di Nicola Rimedio (Loielo) e quello di Antonino Zupo (Emanuele), cui seguì l’agguato mortale a Domenico Ciconte (Loielo) e quello in cui perse la vita Filippo Ceravolo (vittima innocente) che viaggiava sull’auto di Domenico Tassone (Emanuele). Poi i tentati omicidi di Valerio Loielo e Antonino Loielo (preso di mira mentre era in auto con la famiglia) e quello triplice verso i cugini Walter, Rinaldo e Valerio Loielo. E ancora l’1 aprile 2017 il tentato omicidio di Alex Nesci a cui ne è seguito un altro nel luglio dello stesso anno, mentre il 25 settembre 2017 un’autobomba feriva Nicola Ciconte. Un mese fa, infine, l’omicidio di Bruno Lazzaro, che non sarebbe collegato alla faida.
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