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Una banconota timbrata “incastra” la banda

Una banconota timbrata “incastra” la banda

Catanzaro

«Ci sono centomila euro da cento euro e centomila da cinquecento... tu prendi quelli da cinquecento euro e lascia i centomila da cento... così li cambi e li metti in circolazione...». L’unica raccomandazione è «stare attenta e cambiarla, quella da 500 euro, una al giorno». Ma per lei non c'è problema, sa il fatto suo: «Mica sono scema io».

Lui e lei sono Matteo Ladogana e la moglie Barbara. Quando vengono intercettati dalla Polizia, il 45enne di Cerignola (Foggia) si trova in carcere. Ed alla compagna, a bassa voce, sembra dare indicazioni su un’importante somma di denaro da gestire insieme al figlio: «Vedi che Alfonso più in là deve andare a prendere i soldi là dentro, glielo dico io come deve fare». Gli inquirenti non hanno dubbi: si tratta di una parte del bottino della rapina da 8 milioni alla Sicurtransport alle porte di Catanzaro. Il 4 dicembre del 2016 un comando di una ventina di persone, kalashnikov in pugno, ha sfondato il caveau con un escavatore e portato via da Caraffa una montagna di denaro disseminando poi le strade circostanti di auto in fiamme e chiodi.

Quasi un anno e mezzo dopo i presunti autori del colpo più ricco mai messo a segno in Calabria sono stati fermati dai poliziotti delle squadre mobili di Catanzaro e Foggia, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia del capoluogo calabrese. In carcere - in attesa delle udienze di convalida fissate per domani - sono finiti in sette, altri due avrebbero le ore contate. Sul loro capo pesa l’aggravante del metodo mafioso. E fra l’altro, secondo gli inquirenti, parte del bottino sarebbe stata spartita fra le cosche del crotonese e del catanzarese che avrebbero dato il placet all'azione in perfetto stile paramilitare.

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