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Donne dei Mancuso a madre coraggio: dovevi venire da noi

Donne dei Mancuso a madre coraggio: dovevi venire da noi

Le donne in campo per un “avvicinamento”, per una sorta di mediazione. Donne dal cognome di peso – Mancuso – soprattutto a Limbadi, feudo della famiglia di ’ndrangheta.

E due donne, che di cognome fanno appunto Mancuso, avrebbero bussato nei giorni scorsi alla porta di Rosaria (Sara) Scarpulla, la madre del biologo Matteo Vinci ucciso con un’autobomba il 9 aprile scorso e con lei avrebbero avuto un colloquio. In sintesi nel corso dell’incontro le avrebbero chiesto perché non aveva mai parlato con loro dei problemi con i vicini confinanti – i Di Grillo-Mancuso – e alla domanda della signora Sara che chiedeva loro perché avrebbe dovuto parlarne, la risposta sarebbe stata: «Perché avremmo potuto evitarlo».

A raccontare la vicenda è stata la madre di Matteo ieri a margine dell’incontro svoltosi a Limbadi prima tappa calabrese del “No ’ndrangheta tour” organizzato dall’associazione “Legalità organizzata” fondata dal testimone di giustizia Pino Masciari e presieduta dall’avv. Roberto Catani. Un racconto reso davanti ai commissari insediatisi nel piccolo centro del Vibonese dopo lo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose, del comandante della locale Stazione dei carabinieri, di Masciari, Catani, dell’ex deputato torinese Davide Mattiello (già componente della commissione parlamentare antimafia e della commissione giustizia), di Vincenzo Chindamo, fratello di Maria uccisa e fatta scomparire a Limbadi il 6 maggio del 2016, nonché dell’avvocato Giuseppe De Pace (legale della famiglia Vinci) e della moglie Aurora diventata con il marito un punto fermo di riferimento per la signora Sara.

Una testimonianza venuta fuori dopo che l’avvocato De Pace – senza ricorrere a mezze parole – aveva posto l’accento sul fatto che la madre di Matteo Vinci sia ancora senza scorta. «Dobbiamo affrontare la situazione che abbiamo davanti – ha detto – che non è per niente bella. Una situazione che ho rappresentato con la figura del conte zio dei Promessi sposi e delle sue parole: sopire, troncare... troncare, sopire. Rappresentazione che si sovrappone in maniera scientifica a quanto sta accadendo, nonostante la signora Scarpulla sia in pericolo di vita». E la visita ricevuta nei giorni scorsi per il legale della famiglia Vinci non è altro che la plastica raffigurazione dell’inefficacia delle misure di tutela disposte già nell’immediatezza del grave attentato nei confronti della madre della vittima. «Questa è la tutela cui è sottoposta Rosaria Scarpulla?», ha chiesto l’avv. De Pace ribadendo, in merito alla visita delle due donne che di cognome vanno Mancuso, «se non è questo un tentativo di condizionamento per dire altro, allora mi spieghi qualcuno cos’è. Qui resta il fatto – ha aggiunto – che una donna, una madre determinata e coraggiosa sta portando avanti e non da oggi una battaglia per l’affermazione della legalità, dei diritti di tutti, di fatto è lasciata sola. I Vinci hanno combattuto i Mancuso, esponenti di uno dei clan più potenti, ma non hanno visto lo Stato (e mi riferisco all’apparato operativo) con loro ».

Considerata la gravità delle dichiarazioni i componenti della commissione insediatasi in Municipio hanno invitato la signora Scarpulla a riferire tutto nelle sedi competenti, ponendo comunque l’accento sul fatto che il dispositivo di tutela sia stato subito disposto e che è al vaglio delle competenti autorità il potenziamento dello stesso.

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