Seicento euro al mese per fare da custode ai fabbricati rurali e tenerli sempre in buono stato, pronti per eventuali periodi di villeggiatura dei proprietari nel verde della Sila. Che però, secondo la Dda di Catanzaro, non erano gli unici a vivere lì dentro fra le montagne di San Giovanni in Fiore, in contrada Monte Nero, dove il 4 novembre del 2008 i Carabinieri hanno fatto irruzione catturando i boss allora latitanti Cataldo Marincola e Silvio Farao. Sono loro due le figure chiave della maxi-inchiesta antimafia Stige, un calderone di traffici illeciti e affari macchiati di sangue sull’asse Calabria-Germania sfociato in 169 arresti lo scorso 9 gennaio.
Recentemente la Direzione distrettuale antimafia guidata da Nicola Gratteri ha chiuso le indagini preliminari, alzando di fatto la strada all’ennesimo maxi-processo antimafia, che stavolta vede protagonista la cosca crotonese Farao Marincola. I due vecchi capi sono in carcere da tempo: il conto della giustizia viene presentato adesso a gregari e favoreggiatori. Tra questi, secondo gli investigatori, c’è anche Giuseppe Gallo. Il 51enne di Aprigliano (Cs) è sospettato di aver fatto parte della cellula della consorteria che avrebbe curato il sostegno dei latitanti in “luoghi sicuri” nell’altopiano silano insieme a Salvatore Rizzo (62 anni, di Umbriatico), Francesco Salvato (57, di Crucoli), Vincenzo Gangale (55, di Umbriatico), Donato Gangale (41, di Umbriatico) e Luigino Comberiati (45, di Petilia Policastro). Ad inchiodarli anche le dichiarazioni rese ai magistrati dal pentito Franceco Oliverio.
Gallo viene identificato come “Peppe u Russo” di cui racconta il collaboratore di giustizia: «Era un guardiano che favoriva i latitanti», riferisce Oliverio agli inquirenti ricostruendo come venne trovato un rifugio silano per Silvio Farao e Cataldo Marincola. «Qualche mese prima del loro arresto – continua il pentito – fiduciari di Luca Megna avevano parlato perché nel comune di San Giovanni in Fiore si trovasse un rifugio». La posizione di Gallo è stata valutata proprio nei giorni scorsi dai giudici della Corte di Cassazione, che hanno confermato il provvedimento cautelare a suo carico. «Il Tribunale – si legge in relazione al verdetto del Riesame – ha congruamente dato conto degli elementi posti a base del giudizio di gravità indiziaria».
Oliverio ha tirato in ballo Gallo pure in relazione alla propria latitanza: a Monte Nero, almeno nel caso di Farao e Marincola, Gallo si sarebbe occupato anche dei viveri. Tra i faldoni di Stige c’è il racconto di quando i due latitanti, allontanatisi dal casolare e staccata l’energia elettrica, avrebbero ritrovato in frigo la carne andata a male. Chi avrebbe risolto il problema? Lui, “Peppe u Russo”.(g.l.r.)
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