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Catanzaro, applausi e nessun rimpianto. Una stagione da incorniciare per le Aquile

Evidente la differenza fisica e tecnica contro una Cremonese costruita per vincere

La semifinale di ritorno con la Cremonese ha mostrato tutta la differenza che c’è fra una squadra costruita per vincere e una attrezzata per ottenere una salvezza tranquilla. Il Catanzaro è andato ben al di là dei propri limiti – impossibile dimenticarlo – non dei propri meriti, seminati di continuo, senza pause, evidentemente enormi per una piccola matricola che ha fatto paura alle big, le ha battute in casa o in trasferta e si è lasciata alle spalle tante altre società più ricche, più esperte, teoricamente più pronte a certe ambizioni. Insomma, per dove e come è arrivato il Catanzaro, buttato fuori dai playoff per la Serie A dopo una stagione trascorsa mai sotto il settimo posto (e chiusa al quinto), gli applausi a scena aperta dei cinquemila e passa tifosi giallorossi presenti allo “Zini” erano l’unica risposta possibile.
Cosa potevano esprimere di meglio le Aquile contro la corazzata di Stroppa sabato sera? Guardando la dura realtà poco altro. In prima battuta è stata netta la disparità di condizione fisica con una formazione che aveva saltato il turno preliminare e preparato le due sfide di semifinale senza sobbarcarsi, al contrario del Catanzaro, un infinito duello con il Brescia riacciuffato in extremis (al 96’) e chiuso ai supplementari. Tre partite in sette giorni non potevano non farsi sentire sulle gambe di un gruppo spremuto e anche limitato dagli infortuni (fuori D’Andrea, Ghion e Ambrosino cui poi si è aggiunto il problema di Situm) proprio quando sarebbero serviti tutti, più che in altri momenti della stagione. Forse Vivarini avrebbe potuto alternare qualche uomo in più dall’inizio della sfida di sabato, ma non ci sono controprove e, considerando la prestazione della Cremonese, non ci sarebbe stato comunque nulla da fare.
Le differenze sono state generali, quindi anche tattiche e tecniche. La qualità del primo gol di Franco Vazquez, campione che ha vinto l’Europa League con il Siviglia, si è rivelata insieme biglietto da visita e cartolina dei saluti.
E ora? Dopo la partita, interpellato sul futuro, Vivarini ha spiegato che non è il momento per pensarci: bisogna staccare la spina e ragionare a mente fredda. In pratica, ha lasciato aperto qualsiasi discorso su permanenza o addio. L’anno scorso, più o meno di questi tempi, il presidente Noto aveva annunciato il rinnovo biennale dell’allenatore dopo una trattativa che ha vissuto pure momenti complicati. A maggio dell’anno scorso il contratto del tecnico era in scadenza, adesso no perché sarebbe valido fino al 2025. Il condizionale è d’obbligo, perché rispetto a un anno fa Vivarini interessa ad altre piazze, una in particolare secondo le indiscrezioni di mercato: il Sassuolo. Gli emiliani non avranno mai il seguito che ha il Catanzaro, ma sono una società solidissima che sembra avere tutte le intenzioni di tornare in A immediatamente. Punteranno davvero sul 58enne abruzzese? E Vivarini lascerà Catanzaro per l’Emilia? Non si possono escludere né una cosa, né l’altra. Di sicuro i rapporti fra il coach e il presidente Noto sono fortissimi. Altrettanto sicura è la necessità di mettere mano all’organico; fra 34 giorni cesseranno quasi tutti i prestiti degli Under, tranne Pompetti (che è di proprietà) e Veroli, con cui entro il 15 giugno si può esercitare il riscatto dal Cagliari (che poi avrebbe il controriscatto). Gli over hanno tutti almeno un altro anno di contratto, ma pure nel loro caso paiono scontate alcune partenze, tipo quella di Vandeputte, apparentemente destinato alla A. Prima, però, bisognerà chiarire il nodo allenatore (se mai può definirsi nodo) e, in parallelo, capire se continuare con il ds Magalini e il dg Foresti (probabile il suo addio), entrambi in scadenza al 30 giugno.

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