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Haggis: il cinema muore. Masterclass del regista premio Oscar al Magna Graecia Film Festival

Il suo cruccio è sempre stato l'atteggiamento dei produttori, che non danno abbastanza peso alla sceneggiatura, si tratti di film o di serie televisive

Paul Haggis. Tra i big internazionali ospiti del festival

“Crash”, lo scontro. Tra culture, razze, pregiudizi. Il conflitto tra angeli e demoni a Los Angeles, la metropoli americana protagonista, con le sue affascinanti contraddizioni, del film "Crash – contatto fisico" che nel 2006 ha vinto l’Oscar per la migliore sceneggiatura originale, firmata Paul Haggis.

Il regista, sceneggiatore e produttore nato in Canada ma vissuto prevalentemente a Los Angeles, nella masterclass tenuta ieri nello storico chiostro del San Giovanni a Catanzaro per il Magna Graecia Film Festival, è partito da questo straordinario film nel ripercorrere la sua prolifica carriera tra il grande e il piccolo schermo. «Da canadese mi sono sentito molte volte un estraneo a Los Angeles», ha detto alludendo a quegli episodi violenti e disturbanti che spingono tante persone a isolarsi nelle case.

Ma se l'inferno urbano è alienante «spesso lo scontro, il “crash” è preferibile all'isolamento». Perché produce quel “contatto fisico” che è il discrimine tra esistere e vivere. Nasce da questo paradosso, complesso e problematico, la suggestione del dramma corale, interpretato da star come Sandra Bullock e Matt Dillon, che ha permesso ad Haggis di trionfare alla notte degli Oscar 2006, ottenendo ben sei candidature e aggiudicandosi tre statuette per il miglior film, la migliore sceneggiatura originale e il miglior montaggio.

Composto da un grumo di storie che il destino fa incrociare, il film inizia con la scena finale, l'omicidio di un giovane afro-americano sul ciglio di una strada di Los Angeles. Dopo il flashforward, Paul Haggis presenta i personaggi con i loro problemi. Poi la trama si dipana, collega le storie e disvela il rapporto tra i personaggi. Un evento ne genera un altro, attraverso artifici tecnici si materializza un affresco costellato di discriminazioni e pregiudizi, incentrato su temi senza tempo come razzismo, morte, corruzione, intolleranza, tragedia, speranza.

Opera aperta al dibattito sociale, segna la svolta della lunga carriera del regista che, nato a London in Ontario nel 1953, ultimo figlio del proprietario di un teatro, fin da piccolo ha respirato aria di spettacolo. Il successo arriva dopo un lungo percorso nell'ambito televisivo, terreno sul quale Haggis è tornato più volte lanciando serie di grande popolarità. Non a caso alla moderatrice della masterclass, Silvia Bizio, confessa di aver fatto «cattiva televisione».

Il suo cruccio è sempre stato l'atteggiamento dei produttori, che non danno abbastanza peso alla sceneggiatura, si tratti di film o di serie televisive. «Loro vorrebbero sempre lo stesso film sugli squali», sbotta. «Certo un film costa tantissimo e il rischio che si corre è alto. Il produttore vuole certezze. Io ho impiegato cinque anni per finanziare Crash».

Il tono è quello disincantato e deluso di chi contempla il declino del cinema. Che secondo Haggis sta proprio morendo. Ma il pubblico lo sollecita, ricorda opere iconiche come “The Next Three Days” del 2011, dove Haggis dirige un cast stellare (con Russell Crowe, Olivia Wilde, Liam Neeson). Ma ancor prima c'è “Million Dollar Baby”, la storia struggente della pugile Maggie Fitzgerald, con la regia di Clint Eastwood e gli attori Hilary Swank e Morgan Freeman come interpreti principali. Altra svolta decisiva nella carriera di Paul Haggis che con questo film riceve una delle sette nomination assegnate alla pellicola ai premi Oscar 2005.

Un maestro che il direttore artistico Gianvito Casadonte ha significativamente voluto per chiudere la serie delle masterclass del Mgff dedicate ai big internazionali che hanno scritto la storia del cinema.

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