
Il Magna Graecia Film Festival premia il coraggio di raccontare l’essere umano nel suo legame più profondo: quello con le origini. È «Familia» di Francesco Costabile la miglior opera dell’edizione 2025. A convincere la giuria, la storia che ha scavato l’anima del pubblico nelle serate della kermesse aggiudicando al regista cosentino una vittoria netta.
Una regia matura quella di Costabile che convince per la coerenza stilistica in una narrazione che mescola con equilibrio dramma e introspezione. Una consacrazione per l’autore de «Una femmina», già apprezzato per la sua capacità di indagare l’anima meridionale con potenza visiva e sensibilità narrativa. Ad accompagnare il successo del film anche la vittoria di Barbara Ronchi come miglior attrice protagonista, premiata per la sua performance intensa, emotivamente calibrata e ricca di sfumature. L’attrice ha dato volto e voce a una figura femminile complessa in una realtà che si muove tra silenzi, scelte e fragilità.
Il premio per la Miglior Regia è andato a Gianluca Jodice per «La Déluge - Gli ultimi giorni di Maria Antonietta», opera visionaria e disturbante che ha colpito per l’architettura formale e la precisione con cui si maneggia i linguaggi del cinema storico e del dramma psicologico.
Tra gli attori, ad imporsi è Yuri Tuci, premiato per la sua interpretazione in «La vita da grandi», film che affronta con leggerezza e profondità il tema del passaggio all’età adulta. Un personaggio vibrante, ironico e autentico il suo che conquista per come si muove tra i registri emotivi del film. Il premio alla migliore sceneggiatura è andato a Enrico Audenino e Valerio Mastandrea per «Nonostante», il film che riflette con acutezza sulle fragilità contemporanee. La menzione speciale del festival va a «Nero» di Giovanni Esposito, fiaba urbana dai toni agrodolci che ha sorpreso per la sua poetica visiva e la delicatezza con cui affronta tematiche sociali e morali. Esposito, noto al grande pubblico per la sua carriera attoriale, conferma qui un interessante talento registico, premiato per l’originalità dell’approccio e la forza della storia.
Nella sezione internazionale, il film più votato è stato «Il Mohicano» di Frédéric Farrucci, opera che mescola denuncia sociale e introspezione. Menzione speciale per l’interpretazione a Enric Auquer, protagonista del film «Il maestro che promise il mare» di Patricia Font, per un’interpretazione magnetica e commovente che ha lasciato il segno sul pubblico e sulla critica. Il premio per il miglior documentario va a «No more trouble: Cosa rimane di una tempesta» di Tommaso Romanelli, mentre il premio Giuseppe Petitto simbolo del cinema civile va a «Il ragazzo dai pantaloni rosa» di Margherita Ferri.
Cala così il sipario sull’edizione che ha spaziato tra musica, talk, film e incontri in cui la giurata internazionale Rocio Morales lascia l’immagine che conquista il pubblico. «Tornare qui è come tornare a casa – ha dichiarato dal palco soveratese – cammino con le mie bambine e mia madre tra volti e luoghi autentici. La Calabria non ha paura di essere se stessa. L’ho amata per questo».

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