Cosca Bonavota di Sant'Onofrio, 2 fratelli capo clan irreperibili dopo la condanna all'ergastolo
Due fratelli irreperibili mentre per un terzo l’ordinanza di carcerazione è stata eseguita. A pochi giorni dalla condanna all’ergastolo, al termine del processo con rito abbreviato scaturito dall’operazione Conquista, hanno fatto perdere le loro tracce Domenico e Pasquale Bonavota ritenuti entrambi al vertice dell’omonimo clan di sant’Onofrio, centro del Vibonese. I carabinieri di Vibo Valentia hanno eseguito invece gli ordini di carcerazione per Nicola Bonavota, 41 anni, fratello di Pasquale e Domenico, nonché nei confronti di Onofrio Barbieri, 38 anni, anch’egli di Sant’Onofrio. Tutti e quattro sono stati condannati all’ergastolo dal gup distrettuale con sentenza esecutiva, che lo scorso 23 novembre ha invece inflitto 30 anni di carcere a Francesco Salvatore Fortuna (in carcere per altra causa). Nove complessivamente gli imputati, giudicati con rito abbreviato, coinvolti nel duplice blitz Antimafia “Conquista 1 e 2”, scattato nel dicembre del 2016 e a giugno 2017, contro vertici e sodali del clan dei Bonavota, egemone a Sant’Onofrio e Maierato, nel Vibonese il pubblico ministero Antonio De Bernardo davanti al gup del Tribunale di Catanzaro Barbara Saccà aveva chiesto il carcere a vita per 5 imputati e condanne comprese tra i 5 e 2 anni di reclusione per gli altri quattro. In particolare aveva invocato l’ergastolo per i fratelli Domenico Bonavota, (38 anni) di Sant’Onofrio; Pasquale Bonavota, (43 anni) di Sant’Onofrio; Nicola Bonavota, (41 anni) di Sant’Onofrio; Francesco Fortuna, 37 anni di Sant’Onofrio e Onofrio Barbieri, 37 anni di Sant’Onofrio. L’unico ad evitare il carcere a vita è stato quindi Francesco Fortuna. Pene leggermente ridotte rispetto alla richiesta del pm antimafia per Domenico Febbraro, (24 anni) di Sant’Onofrio, Vincenzino Fruci, (41 anni) di Curinga e Giuseppe Lopreiato, (23 anni) di Sant’Onofrio. Nei loro confronti la richiesta era di 5 anni e 4 mesi ciascuno. Ai vertici e affiliati del clan Bonavota, la Dda contesta una sfilza di reati che vanno, a vario titolo, dall’associazione a delinquere di stampo mafioso, alla detenzione e porto d’armi comuni e da guerra, dalla ricettazione in concorso ai danneggiamenti ai danni di due aziende facenti parte del gruppo Callipo. In particolare l’intimidazione a colpi di arma da fuoco nel 2004 alla “Giacinto Callipo converse alimentari spa” e nell’aprile del 2016 al complesso residenziale “Popilia Country Resort”. Gli imputati devono inoltre rispondere a vario titolo di due omicidi, quello di Raffaele Cracolici, alias “Lele Palermo”, freddato il 4 maggio 2004 a colpi di arma da fuoco a Pizzo Calabro (delitto per il quale Domenico Bonavota vera stato assolto con sentenza passata in giudicato) e quello di Domenico Di Leo, alias “Micu Catalanu”, ucciso a Sant’Onofrio in via Tre Croci il 12 luglio 2014.