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Due figlie morirono al Pugliese di Catanzaro, il padre si oppone all'archiviazione

Due richieste di archiviazione alle quali si oppone con tutte le sue forze, per cercare di conoscere la verità e avere giustizia sui decessi delle proprie figlie, avvenuti entrambi, a distanza di tre anni l’uno dall’altro, all’ospedale Pugliese. È la battaglia che sta conducendo ormai da tempo il signor Alessandro Rosselli, padre di Nadia e Antonella, morte rispettivamente all’età di 43 anni il 25 marzo 2012 e a 45 anni il 7 maggio 2015.

Già nei mesi scorsi Rosselli aveva presentato opposizione alla richiesta di archiviazione (la terza) presentata dalla Procura sul caso di Nadia, venuta a mancare a causa dell’ingestione di una massiccia dose di farmaci. Di recente - lo assiste nella sua battaglia legale l’avvocato Aldo Costa - ha integrato l’opposizione alla richiesta di archiviazione con una perizia del dottor Antonio Sacco e il sostituto procuratore titolare del fascicolo si è riservato la decisione al fine di approfondire gli atti.

Il caso della figlia Nadia riguarda le procedure eseguite in seguito al suo arrivo al Pugliese, dove è stata portata dal 118 per via del malore causato dall’ingestione di farmaci, mentre si trovava in un hotel di Sellia Marina. Ad avviso del padre, sarebbe bastata «una lavanda gastrica per salvarla». Il caso è stato in sostanza ritenuto un suicidio, ma secondo Rosselli ci sarebbero state diverse stranezze.

La perizia disposta dalla Procura su input del gip nel 2015 aveva stabilito che «l’aggravamento delle condizioni non può essere imputato al comportamento del personale sanitario». Di diverso avviso la consulenza tecnica di parte del dottor Sacco, che ha invece sostenuto la mancata esecuzione di una lavanda gastrica.

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