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'Ndrangheta nella Sila, il blitz con 12 arresti: alleanze di mafia e faide in nome degli affari

Alleanze e guerre decise dagli affari. Erano gli appalti pubblici a sancire la pace o a scatenare la sanguinosa faida sui monti del Reventino. L’inchiesta condotta dalla Dda di Catanzaro che giovedì ha portato al fermo di 12 persone ricostruisce l’altalena di rapporti tra la cosca Scalise e i Mezzatesta, un tempo alleati e poi pronti a massacrarsi in nome degli affari.

Una lunga scia di sangue che secondo gli inquirenti ha come nodo centrale i quasi 42 milioni di euro stanziati dall’amministrazione provinciale di Catanzaro per la realizzazione della superstrada del Medio Savuto, un’opera attesa da decenni progettata per far uscire dall’isolamento le zone interne della provincia catanzarese.

Sul mega aveva acceso i riflettori anche l’avvocato Francesco Pagliuso. Nella sua arringa nel processo d’appello, in cui difendeva Domenico e Giovanni Mezzatesta per il duplice omicidio di Giovanni Vescio e Francesco Iannazzo, il penalista non aveva mancato di fare nomi, cognomi e collegamenti tra le varie famiglie coinvolte ed in particolare gli Scalise, Vescio e Iannazzo.

Quindici anni prima, invece, grazie a un appalto pubblico le due fazioni avevano siglato la pace. Nel luglio del 2001 le frizioni sui monti del Reventino erano esplose tanto che Pino Scalise era sfuggito a un agguato e aveva deciso di salvarsi la vita collaborando con la giustizia. Un pentimento che durò solo pochi giorni. Secondo gli investigatori l’improvviso dietrofront di Scalise troverebbe spiegazione nel fiume di denaro pubblico stanziato per quell’area e nell’imposizione dei più potenti clan lametini che proprio in virtù dei possibili affari costrinsero i due gruppi a deporre le armi.

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