Più che un’ispezione, è stata un’audizione quella disposta dal dipartimento Tutela della salute della Regione all’indomani della morte del radiologo 60enne, Massimo Luppino, deceduto il 3 febbraio nel reparto di Rianimazione dell’ospedale Pugliese-Ciaccio, dopo essersi sottoposto ad un intervento all’arto inferiore. L’èquipe inviata dalla Cittadella al nosocomio era nei fatti composta dal coordinamento regionale per il rischio clinico e ha preteso di audire tutti i medici che avevano avuto in cura il paziente deceduto a causa di una grave setticemia.
Il calvario del tecnico, dipendente dell’azienda ospedaliera, ha infatti avuto inizio il 22 gennaio quando è stato ricoverato nella clinica privata, Villa del Sole, per effettuare l’impianto di una protesi all’anca. «Si tratta di un’operazione di routine che fanno centinaia di migliaia di persone – racconta il fratello Franco –. Era sofferente, da un anno soffriva ma si era deciso a fare questa operazione».
Già a pochi giorni di distanza dall’intervento le condizioni del 60enne si erano però aggravate: «Il giorno dopo aveva l’addome gonfio – aggiunge ancora e dolori alla pancia ma i medici mi dissero che si trattava di un’infezione influenzale». Tanto da richiedere il trasferimento d’urgenza all’ospedale Pugliese-Ciaccio, dove Massimo Luppino è stato dapprima ricoverato nell’unità operativa di Medicina d’accettazione e d’urgenza e poi spostato nel reparto di Anestesia e rianimazione, dov’è infine morto.
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