Scordovillo, realtà “off limits” per le sue condizioni igienico-sanitarie. Bomba criminale sempre pronta ad esplodere; “bubbone” sociale, spina nel fianco per tutte le amministrazioni che si sono succedute negli ultimi vent'anni. Nell'accampamento vivono intorno a cinquecento persone, tra cui un centinaio di famiglie. Tra le vecchie baracche del primo insediamento risalente a quasi mezzo secolo fa e i container installati dalla gestione commissariale del 2003, vivono numerosi adolescenti e anche molti bambini. Scordovillo è la vergogna di Lamezia, un “buco nero” dove promiscuità, cattivo odore, attività illecite e sporcizia convivono insieme da sempre. Il campo rom ritorna come tormentone in tutte le campagne elettorali: tutti sono concordi sul fatto che deve essere smantellato ma, gli “zingari”, nessuno li vuole. Nel marzo del 2011, l'allora procuratore della Repubblica Salvatore Vitello ha ordinato lo sgombero dell'accampamento. Decisione motivata dal fatto che l'accampamento costituiva all'epoca, e oggi ancora di più, «un'autentica emergenza umanitaria ed ambientale da affrontare unicamente con lo sgombero immediato e la bonifica dell'area interessata». Dopo otto anni la sentenza del procuratore Vitello non è stata ancora eseguita. Intanto la spazzatura invade non solo l'interno ma anche l'esterno della favela e, per ovviare in maniera spicciola al problema, i residenti del campo ogni tanto pensano bene di “far pulizia” dando fuoco ai cumuli di rifiuti lungo il viale d'ingresso della bidonville. Fumi tossici che, a detta di esperti pneumologi e oncologici, arrecano gravissime conseguenze prima di tutto sulla salute dei cittadini rom che abitano al campo. L'articolo completo sulla Gazzetta del Sud - edizione di Catanzaro in edicola.