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L'addio del vescovo Catanfora a Lamezia: "Spero che la città ritrovi vitalità"

Luigi Antonio Cantafora

Luigi Antonio Cantafora è vescovo di Lamezia dall'aprile del 2004. Il pastore diocesano fra qualche settimana cederà la guida della Chiesa locale al suo successore, monsignor Giuseppe Schillaci, del clero di Catania. Per Cantafora, originario di Scandale in provincia di Crotone, è tempo di bilanci. Il suo ministero episcopale ha dato spazio alla preghiera e alla meditazione ma ha anche operato per formare buoni cristiani e cittadini consapevoli. Un pastore che ha guardato con costante attenzione anche alle complesse vicende della vita politica cittadina, invitando sempre la comunità all'unità. Il vescovo ha sempre combattuto contro la divisione che ancora persiste in città e che segna confini profondamente marcati tra i tre ex comuni di Nicastro, Sambiase e Sant'Eufemia. Questo è stato un argomento che il presule ha sempre attenzionato esortando, prima di tutto i cattolici impegnati, a superare steccati e barriere di ogni genere e a lavorare per il bene comune.

Quindici anni di episcopato: quali i momenti più significativi?

«Sono stati quindici anni molto intensi. Segnati da diversi momenti alcuni belli, altri difficili; come accade nella vita di ogni persona. Indimenticabile per me è l'arrivo a Lamezia. Ricordo ancora la cattedrale stipata di gente, l'affetto e l'attesa di quei giorni. Così come la visita del Papa nel 2011, le 38 ordinazioni sacerdotali, il Giubileo, l'inaugurazione del Monastero e della chiesa di San Benedetto. Momenti belli, significativi non per me come singola persona, ma per la Chiesa di Lamezia che ho amato e servito. Insieme a questi momenti significativi ed esaltanti ce ne sono stati anche tanti altri difficili. Ecco, in questi quindici anni, con la diocesi e la città ho condiviso anche momenti tragici. Penso al 5 dicembre 2010 con la morte di otto nostri fratelli, ai ciclisti travolti da un'automobile. Penso al 4 ottobre scorso, la sera in cui la giovane mamma Stefania, insieme ai figli Niccolò e Cristian, sono stati travolti senza scampo dalla pioggia e dal fango. Sono stati momenti bui. Non li dimentico perché restano vivi nella memoria di ogni sacerdote e vescovo. Poi ci sono state anche le piccole gioie di ogni giorno: il sorriso, l'accoglienza, la preghiera di tanti. E ci sono state anche le sofferenze quotidiane. E anche queste sono preziose perché hai qualcosa da offrire a Dio ogni giorno».

La visita del Papa del 2011, un evento storico che rimarrà agli annali.

«Sì, negli annali della nostra Chiesa. Perché la Chiesa non vive di ricordi sbiaditi. La Chiesa vive di un presente che non si racchiude nel tempo passato. Aver ricevuto il Papa per noi è stato un evento inatteso e sorprendente. E la preparazione della visita del Papa è stato un pezzo importante del cammino della diocesi. E dopo la visita del Papa abbiamo cercato come Chiesa di custodire il dono della sua presenza e delle parole che ha voluto lasciarci. Le abbiamo raccolte in un libretto e sviluppate in un progetto pastorale diocesano. Si è trattato di uno spartiacque: ha segnato un prima e un dopo! E in seguito è stato sempre commovente incontrare Papa Benedetto XVI e sentire dalla sua voce queste parole: Lamezia. Una visita indimenticabile».

La Scuola di dottrina sociale della Chiesa: una realtà che lei ha voluto.

«Ho creduto che la proposta del magistero sociale, ovvero l'insegnamento dei papi e della Chiesa riguardante la società, la famiglia, il lavoro, la vita, la dignità delle persone, il rispetto, potesse essere una possibilità per la città di Lamezia Terme. È soprattutto un aiuto per formare le coscienze e le pratiche a coesistere nella polis alleati per costruire insieme il bene comune, il bene di ciascuno e di tutti. Il contrasto e la lotta a ogni forma di male, passa sempre dentro le intenzioni, le azioni e il cuore delle persone. Ad esempio, la 'ndrangheta si argina con la giustizia e la legalità, ma anche con una coscienza ferma e radicata nei principi del bene e della lealtà. Ho cercato di seminare, sono convinto che ogni cosa crescerà a suo tempo».

Ha trovato una città commissariata e lascia ancora una volta un Comune governato da un'amministrazione straordinaria.

«Ho trovato la città per certi versi in un momento difficile come quello odierno. Il commissariamento, sempre con il rispetto di tutte le istituzioni, è una vicenda che ha segnato il cammino democratico e l'identità della nostra città. E fa perdere, al di là di ogni cosa, la fiducia collettiva. Invece, Lamezia Terme ha bisogno di credere semplicemente in sé stessa e nelle proprie capacità di rinnovare e espandere le energie di bene. Energie positive per il suo rilancio e finanche per il rilancio della Calabria. La sua vitalità ed energia sono qualcosa di radicato nel suo cuore».

Quale messaggio di augurio ai lametini?

«Siate sempre uniti, come dice il motto della città. Una comunità unita che prenda in mano il suo presente e guidi il suo futuro è il mio più sincero augurio per Lamezia e tutto il comprensorio lametino”.

Cosa si sente di dire al suo successore?

«Che lo attende una sposa bella! E Lamezia, con il suo cuore, sa far innamorare. La fede e la genuinità della sua gente, le tradizioni religiose così belle e radicate, il desiderio di rinascita sono dei tratti che distinguono Lamezia Terme come città nuova».

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