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’Ndrine di Roccabernarda, spunta un "pentito" nella cosca

Procura di Catanzaro

Spunta un “pentito” tra le file della cosca di Roccabernarda, colpita il 30 luglio dello scorso anno dal blitz dell’operazione “Trigarium”. E se le voci che nel piccolo centro della Valle del Tacina, sono diventate un brusio insistente, dovessero trovare conferma ufficiale, sarebbe un “pezzo da novanta” del clan capeggiato da Bagnato ad avere saltato il fosso.

Pare infatti che Domenico Iaquinta, 37 anni, indicato nel fascicolo dell’inchiesta della Dda di Catanzaro, come l’armiere della cosca e rinviato a giudizio insieme al capo ‘ndrina e ad altri quattro, per l’omicidio Castiglione, abbia deciso di collaborare con la giustizia.

Iaquinta che dal giorno del blitz dei carabinieri era in carcere a Siano, una settimana fa è stato trasferito in un istituto penitenziario della Capitale. E dopo qualche giorno pare che la sua giovane moglie ed i suoi sei figli, abbiano lasciato di soppiatto Roccabernarda. Inoltre è stato anche notato in paese un insolito via vai di carabinieri in alcuni luoghi particolari. Tutti indizi, insieme al silenzio dello stesso Iaquinta, che da settimane non si fa sentire dall’avvocato che aveva incaricato della sua difesa, che convergono con l’ipotesi sempre più concreta di un “pentimento” del 37enne, con i familiari che potrebbero essere già entrati nel sistema di protezione che si attiva in questi casi.

Poco più di un mese fa Domenico Iaquinta e con lui il presunto boss Santo Antonio Bagnato ed altri 13 imputati sono stati rinviati a giudizio per associazione mafiosa ed altri reati fine, davanti al Tribunale di Crotone che incardinerà il processo il 27 di questo mese. Lo stesso Iaquinta sempre in compagnia del 52enne Antonio Santo Bagnato e di altri quattro, dovrà comparire il 19 luglio prossimo davanti alla Corte d’Assise di Catanzaro per rispondere dell’omicidio di Rocco Castiglione e del tentato omicidio del fratello della vittima, Raffaele Castiglione, sfuggito alla mortale imboscata messa a segno il 31 maggio 2014 a Rocca Bernarda.

Quell’agguato nella lettura ipotizzata dalla Procura antimafia guidata da Nicola Gratteri, avrebbe elevato a locale di ’ndrangheta il gruppo criminale di Bagnato che si sarebbe levato di torno un suo potenziale rivale accreditandosi come boss con le potenti cosche del circondario (Petilia, Cutro) ormai federate nella “provincia” di ‘ndrangheta con al vertice Grande Aracri. Oltre ad aver partecipato a quell’omicidio il 37enne Domenico Iaquinta deve anche rispondere in concorso con altri sette imputati di quattro episodi di danneggiamento. Nelle carte del procedimento “Trigarium” sono citati, tra gli altri anche il taglio di 75 piante di ulivo in danno di un coltivatore, e l’uccisione di animali (una bufala, due pecore diverse galline), in danno di un altro.

Domenico Iaquinta ancora, è indagato, dalla Procura di Crotone, sempre in compagnia del presunto boss, in un procedimento parallello a “Trigarium”: un’indagine su un’associazione a delinquere semplice che sarebbe responsabile di furti di bestiame, prodotti e attrezzature agricole, ai danni di 13 agricoltori e tre aziende di Roccabernarda.

Iaquinta è uno che sa. E se si è pentito può raccontare molto.

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