Questo sito contribuisce all’audience di Quotidiano Nazionale

Agguato in centro a Crotone, l'ombra della droga dietro la sparatoria

Giovanni Tersigni

“Zò, jamninn ca ù ttegn nent”. Andiamocene, che non ho niente. È l'ultima frase che Giovanni Tersigni ha rivolto ad un suo caro amico, poco prima di entrare in sala operatoria. Purtroppo, invece, le sue condizioni erano già molto gravi. Uno dei proiettili che l'avevano ferito poco prima alle gambe aveva probabilmente già reciso la vena iliaca, provocandogli una grave emorragia. È morto così il 36enne crotonese, poche ore dopo essere stato bersaglio di un agguato nel centro storico di Crotone.

Tersigni si trovava in piazza Albani, nella zona conosciuta da tempo immemore come “a ferriata”, proprio alle spalle della Basilica cattedrale, tra i vicoli del centro storico cittadino. Un quartiere in cui era cresciuto e viveva. Erano circa le 19 quando alcune persone gli si sono avvicinate, e gli hanno esploso contro almeno cinque colpi di pistola calibro 7.65. Tre lo hanno colpito, alle gambe ed ad un gluteo. Tersigni si è accasciato, immediatamente soccorso da amici e residenti.

Qualcuno gli ha sfilato la cintura dei pantaloni e gliel'ha stretta attorno alla gamba ferita, che perdeva molto sangue. Qualcun altro ha provato a tamponargli le ferite con un'asciugamani. Nel frattempo sono arrivati gli operatori sanitari del 118, chiamati dagli amici del ferito, che l'hanno caricato in ambulanza e portato al Pronto soccorso dell'ospedale cittadino, dov'è arrivato in codice rosso.

In pochi minuti lo hanno raggiunto amici e parenti, la mamma e la sorella. Era cosciente, raccontano alcuni testimoni, tanto da aver pronunciato in dialetto le parole “Andiamocene, che non ho niente”.

E invece i proiettili avevano fatto danni molto seri, recidendo la vena iliaca e provocandogli una forte emorragia. Probabilmente è stata proprio quella ad essergli fatale, e a nulla è valso l'intervento chirurgico d'urgenza al quale è stato sottoposto. Giovanni Tersigni è morto nella notte.

Nel frattempo gli operatori del servizio sanitario d'emergenza avevano avvisato il 113. Sul posto, e poi in ospedale, sono accorsi gli agenti della Squadra Volante, raggiunti poi da quelli della Squadra Mobile, che hanno avviato le indagini, che sono coordinate dal sostituto procuratore Giampiero Golluccio.

Gli agenti non sono riusciti a parlare con Tersigni, che era già in sala operatoria, ma hanno sentito amici e conoscenti, alcuni dei quali presenti anche nei pressi del luogo dell'agguato. Altre persone sono state poi ascoltate nel corso della notte, e nella giornata di ieri, dagli uomini della Mobile agli ordini del vicecapo Antonio Concas, a caccia di elementi che possano aiutare a ricostruire con esattezza l'accaduto e magari a dare un nome e un volto agli autori dell'agguato.

Per quanto riguarda il movente gli inquirenti non trascurano alcuna ipotesi, ma una delle più accreditate è che l'agguato possa essere maturato all'interno di contrasti legati a questioni di droga, anche considerati i precedenti per stupefacenti dell'uomo. Tra l'altro non si esclude l'ipotesi che l'intento degli aggressori non fosse quello di uccidere, ma di mandare a Tersigni una sorta di avvertimento, o infliggergli una punizione. L'uomo, infatti, è stato colpito agli arti inferiori, forse in un tentativo di gambizzazione finito tragicamente. Certo è che chi ha sparato ora dovrà rispondere di omicidio. Sulla scorta di quanto è trapelato nella tarda serata di ieri gli investigatori sarebbero già sulle tracce dei presunti responsabili.

E in città, intanto, si riaccendono le polemiche su ciò che accade nel centro storico cittadino, che in alcuni periodi e in alcuni angoli sembra essere una zona franca. Già da molto tempo i cittadini chiedono controlli più frequenti, e l'attivazione di un sistema di videosorveglianza che funzioni. L'argomento era stato anche al centro di diverse riunioni in Prefettura; ora l'omicidio di Giovanni Tersigni torna a farlo diventare di triste e drammatica attualità.

Caricamento commenti

Commenta la notizia