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'Ndrangheta, la potenza bellica delle cosche vibonesi armate fino ai denti

Armi acquistate, armi rubate e armi regalate. Equipaggiamento pesante per le cosche del Vibonese che negli anni si sono armate fino ai denti, pronte a combattere la loro guerra per il predominio sul territorio e la crociata contro lo Stato.

Il ritrovamento di un arsenale da guerra in un'abitazione di Piscopio riapre il capitolo “militare” della 'ndrangheta, quello del braccio armato dei clan che nel tempo hanno piazzato il proprio armamentario ovunque allo scopo di sfuggire ai controlli, sempre più pressanti, da parte delle forze dell'ordine.

Ma è solo questione di tempo, perché prima o poi le santabarbare vengono scovate anche se a custodirle, come accaduto in più occasioni in città e in provincia, sono insospettabili, persone con la fedina penale bianca che più bianca non si può.

A Piscopio, frazione in cui il “pensiero 'ndranghetista” è stato nel tempo abilmente veicolato, ci sarebbero state diverse persone pronte a «mettersi a disposizione». Lo raccontava alla Dda il collaboratore di giustizia Andrea Mantella, ex boss emergente del capoluogo, il quale nel parlare degli affari e dei traffici dei Piscopisani - con i quali aveva «fatto la scissione nelle campagne di Sant'Onofrio» - faceva riferimento proprio al fatto che ci sarebbero state persone di Piscopio le quali, pur non essendo state “battezzate” ('ndranghetistamente parlando) «si mettevano a disposizione - diceva Mantella - per armi, droga e intestazioni fittizie».

Più nel dettaglio scendeva con i magistrati della distrettuale antimafia Raffaele Moscato (figura di primo piano tra i Piscopisani prima di decidere di collaborare) facendo i nomi degli armieri della cosca e descrivendo - quasi in una sorta di mappa - la rete di supporto con il coinvolgimento di altre persone. Dichiarazioni finite, così come quelle di Mantella, nell'ordinanza dell'operazione “Rimpiazzo” attraverso cui la Dda ha cercato di colpire al cuore i Piscopisani.

Un clan quest'ultimo che da subito si sarebbe contraddistinto proprio per l'uso delle armi. «Gente dal grilletto facile» le definiva Andrea Mantella, le quali “regalavano” armi anche per i compleanni - come la pistola 7,65 data in dono a un ragazzo per il suo sedicesimo compleanno ( in seguito sequestrata dai carabinieri) - oppure in occasioni particolari.

A tal proposito, sempre il collaboratore di giustizia Mantella, raccontava alla Dda di una 357 Magnum «regalata a Francesco Scrugli», all'epoca suo braccio destro «da Nazzareno Felice, detto il Capiceju, in occasione di una cena con i Bonavota». Ed ai Piscopisani le armi sarebbero state talvolta pure offerte.

Secondo quanto dichiarato da Moscato sarebbe avvenuto durante la sanguinosa faida con i Patania di Stefanaconi, quando «un certo Roberto di Torino, per conto di Franco D'Onofrio» avrebbe loro offerto l'aiuto di quest'ultimo «nella guerra contro i Patania, mettendosi anche a disposizione per portarci un bazooka». Offerta che però veniva rifiutata in quanto il clan riteneva «di poter risolvere la vicenda autonomamente».

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