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Vibo, fede e santità in terra di 'ndrangheta

Terra di santi dove il segno di Dio e la materna protezione della Madonna sono costantemente presenti, ma anche terra di 'ndrangheta e di violenza quotidiana dove il bagliore sinistro del male continua a mietere vittime e a fare ogni giorno proseliti tra tanti ragazzi attratti dal tintinnio bastardo del guadagno facile e disonesto.

La luce e il buio. Le pistole fumanti e la Vergine Maria che dispensa consigli e grazie. La preghiera vera e sentita del popolo onesto (la stragrande maggioranza) e il rosario tra le mani del mafioso di turno che ancora oggi ricorre al sacro per ostentare il suo stupido potere come nel caso di alcune manifestazioni religiose dove - come è stato detto e scritto - fino a qualche anno fa, prima che i controlli non diventassero stringenti e puntuali, alcune processioni facevano da filtro per superare il varco. Il territorio vibonese con le sue mille contraddizioni è anche questo.

Tanta fede e santità da un lato e ostentazione del potere mafioso e criminale dall'altro. Una terra che pulsa di carità e di impegno sociale dove il bene si tocca con mano grazie al lavoro umile e silenzioso di chi ogni giorno facendo sacrifici di ogni genere fa il proprio dovere fino in fondo, ma grazie anche e soprattutto al percorso luminoso di tre missionari della buona parola avviati ormai verso la strada della canonizzazione: l'ormai Beato don Francesco Mottola di Tropea che ha svolto senza mai fermarsi il suo lavoro nelle periferie della società; la futura venerabile Irma Scrugli che ha dedicato la propria vita nel nascondimento agli umili e ai sofferenti e la Serva di Dio Natuzza Evolo che ha saputo dare conforto e speranza all'umanità dolente e che ogni anno per via del suo carisma richiama a Paravati di Mileto centinaia di migliaia di fedeli provenienti da ogni parte del mondo. Un'altra vicenda che dimostra la profonda religiosità del Vibonese è il miracolo di una donna affetta da una grave malattia, Maria Maccarone di San Calogero, che oggi ha 88 anni, avvenuto il sette agosto 1981, riconosciuto dalla chiesa e che ha portato alla canonizzazione di suor Paola Frassinetti.

Ma nello stesso tempo il Vibonese è una vera e propria centrale del crimine organizzato con le cosche che uccidono a volte anche per uno schiaffo o per un'offesa ricevuta; intimidiscono spesso approfittando del silenzio complice di chi vede ma che fa finta di non vedere per paura o per quieto vivere; inquinano con la loro asfissiante presenza, che rischia di ostacolare ogni forma di sviluppo, il tessuto sociale ed economico. Una realtà triste e desolante dove il non rispetto delle regole e le arroganze dei malandrini sono costantemente all'ordine del giorno; dove l'orgia malandrina si annida a volte tra le pieghe della normalità e nel salotto della porta accanto e dove il sangue innocente del crimine vigliacco continua a scorrere a fiumi, con tanti genitori che ostinatamente e coraggiosamente ogni giorno chiedono per i loro figli, uccisi o scomparsi nel nulla, verità e giustizia.

Sarà stato, forse, per questo che Dio ha scelto questi luoghi per cercare - attraverso l'esempio di figure straordinarie come Natuzza, don Mottola e Irma Scrugli - di fare imboccare la retta via a chi continua a sbagliare.

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