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Un solo asilo e pochi servizi, poco spazio per i bambini a Catanzaro

I seggiolini anti-abbandono sono ormai obbligatori e la misura, anche a Catanzaro, ha riportato alla ribalta i temi legati ai più piccoli. Al netto degli sforzi, però, il capoluogo di regione non sembra proprio essere una città a misura di bambino.

Genitori lavoratori che magari non possono contare sui nonni si scontrano, sin da subito, con l’assenza di asili nido pubblici. Se si esclude il Pepe, per i bimbi dai tre mesi ai tre anni, non c’è alternativa alle strutture private e facendo una media è di 200 euro la cifra da destinare alla retta. Pasti esclusi ovviamente e il costo lievita di 3,40 euro al giorno a fronte di una qualità del cibo spesso non eccellente. Pasti freddi, pasta scotta e lische nei pesci: queste le criticità delle mono porzioni. Ecco perché in alcune scuole, dell’Infanzia soprattutto, la scelta è caduta sul proporzionamento che garantisce maggior controllo e pare contribuisca a far sì che i bimbi mangino più volentieri.

Ma i bambini di oggi non si gestiscono soltanto tra casa e scuola. Ci sono lo sport e il tempo da dedicare al divertimento e per quelli nati in famiglie disagiate arriva presto il tempo delle prime rinunce. Chi può risparmia su altro pur di non deludere i propri figli e trovare quelle 50 euro mensili che a Catanzaro sembrano essere necessarie per garantire a un bambino almeno un’attività extra scolastica. Calcio, danza, basket, nuoto, taekwondo, ginnastica artistica e musica le attività più gettonate da svolgere due o tre volte a settimana.

D’altronde, ripiegare sulle ludoteche, in media cinque euro a ingresso, non è poi così economico e Catanzaro non è di certo la città dei parchi gioco da urlo. L’eccezione che conferma la regola si chiama Parco della biodiversità, per il resto c’è poco o nulla, degrado e abbandono hanno la meglio. E sono molti i genitori che ancora ricordano con rammarico la chiusura per manutenzione del Parco dei folletti tra fine primavera e inizio estate. Già, l’estate: altro che stagione del relax, per chi ha un figlio, lavora e vive a Catanzaro è un calvario.

Tra fine maggio e inizio giugno chiude anche quel poco che c’è, a luglio spunta qualche campus estivo, ad agosto si arrangi chi può. Attenzione crescente, dunque, ma la strada da fare per trasformare il nostro capoluogo in una città a misura di bambino è ancora lunga e se lo si paragona a un’area del centro-nord sembra interminabile. Il mondo dei bimbi catanzaresi è in bianco e nero se paragonato a quello coloratissimo dei piccoli nati, ad esempio, a Ravenna.

Dalla Calabria all’Emilia il mondo cambia e chi lì si è trasferito da Catanzaro e lì sta crescendo i propri figli sembra aver scoperto che il mondo dei più piccoli può davvero assomigliare a una favola nonostante nessuno osi pensare che sia qualcosa di diverso dalla pura normalità. È vero che gli asili nido privati costano più del doppio rispetto ai Tre colli, ma chi ha la fortuna di accedere a quelli pubblici, ben più numerosi che da noi, racconta un’altra storia: una retta mensile di dieci euro, che da quest’anno potrebbe anche essere azzerata, alla quale aggiungere il costo dei pasti. Far mangiare un bimbo lì costa più del doppio che da noi, ma l’attenzione dedicata al cibo è a dir poco spasmodica così come lo è quella per lo sport. Per ciò che concerne quest’aspetto i costi tra Catanzaro e Ravenna si equivalgono, ma sulla scelta delle attività un paragone non si può neppure azzardare: Catanzaro perde senz’appello. E le cose non cambiano se si parla di raccolta differenziata o senso civico: a Ravenna si fa ciò che qui nemmeno si immagina, lì i bambini sono davvero il motore della società.

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