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Calabria, Monsignor Bertolone: "Governanti inadeguati davanti ai grandi temi"

Monsignor Vincenzo Bertolone

Monsignor Vincenzo Bertolone, uno studioso del calibro di Ernesto Galli della Loggia ha scritto che il voto in Umbria certifica «l'inconsistenza del richiamo politico di segno cattolico-democratico, nonostante l'impegno diretto della Chiesa». È d'accordo?

«Sebbene la Chiesa sia spesso tirata per la giacca, non mi risulta che dia indicazioni di voto, magari contando su un partito di riferimento. L'impegno dei cattolici si esplica attraverso un'azione condivisa per promuovere, custodire, difendere il bene comune ed attraverso i valori evangelici da concretizzare con le leggi: è questo il terreno di confronto della Chiesa».

Secondo lei, con l'emergere dei populismi c'è il rischio di inconsistenza dei cattolici anche nella Calabria che si appresta a tornare alle urne?

«Combattere la ‘ndrangheta, opporsi alla corruzione, schierarsi contro l'ingiustizia sociale, e farlo prima che arrivi la magistratura con le sue inchieste, è cosa solo per cattolici oppure necessità che chiama un po' tutti all'impegno? E se questo impegno non sempre trova la concretezza di cui c'è bisogno, l'irrilevanza è dei cattolici o di quanti, di tutti quanti su queste questioni non riescono a dare una sterzata positiva al destino di questa terra? Si avverte un grande vuoto, il cittadino è disorientato da una chiara inadeguatezza dei vari governanti nel gestire le grandi questioni del Paese e della Regione: sembra si sia persa la bussola del bene comune e si cercano punti di riferimento credibili, ed idonei a costruire un futuro migliore».

Quali temi dovrebbe mettere al centro della sua agenda il prossimo governatore calabrese?

«Quattro su tutti: poveri, legalità, lavoro, salute. Senza legalità non può esservi sviluppo. La mancanza di lavoro spoglia l'uomo di dignità. La salute serve a tutelare la vita e soprattutto sia costruttore di speranza e si prenda cura dei poveri».

Chi sono gli interlocutori in campo politico della Conferenza episcopale calabra che lei guida ormai da anni?

«Non ve ne sono, non ve ne devono essere. Anche perché il rischio è che a scegliere interlocutori privilegiati, si finisce poi con l'essere scelti. Il Vangelo parla al mondo, la Chiesa pure, anche se non sempre questo compito le riesce bene».

Che cosa fare per arrestare il calo delle vocazioni? Per riempire i seminari e le chiese, spesso disertate dai fedeli?

«Negli ultimi dieci anni, i sacerdoti nel mondo sono rimasti sopra le 400.000 unità. C'è insomma, un ricambio costante, anche se insufficiente a far fronte a compiti sempre più impegnativi ed all'aumento della popolazione (cristiana). Ma non c'è da perdersi d'animo. In Calabria, ad esempio, nel 2010 il numero dei seminaristi maggiori era in forte calo, e - tuttavia - in un lustro sono raddoppiati e adesso si sono attestati su un livello stabile. Non è mancato l'aiuto di Dio, che resta il “padrone della messe”, ma anche l'impegno, profuso dalle famiglie, dalle agenzie educative e dagli animatori vocazionali, è stato essenziale e dimostra solo una cosa: seminari e chiese si riempiono non con le prediche, ma con la concreta testimonianza e col lavoro coerente di ogni giorno».

È sbagliato definire Bergoglio un Papa di sinistra?

«Le etichette sono buone per il marketing. Papa Francesco, col suo linguaggio chiaro, con il suo costante richiamo alla radicalità degli insegnamenti evangelici, ha rotto gli schemi cari ad una società ormai adagiata sull'apparenza delle definizioni più che sul contenuto delle idee. Come dimostra anche la recentissima abolizione del segreto pontificio sui crimini di pedofilia e l'innalzamento a 18 anni dei delitti più gravi di pedofilia, Bergoglio è andato oltre l'angusto e ripetitivo schema delle etichette: si discute di valori da testimoniare, non di cliché da incarnare».

La Chiesa calabrese ha fatto passi importanti nella lotta alla 'ndrangheta. Ma sulla vicenda di Guardavalle, con la statua di Sant'Agazio donata dalla famiglia mafiosa dei Gallace e piazzata nel 2007 davanti al Municipio, non si poteva vigilare di più?

«Guardo alla capacità di risposta, alla reazione. Intanto è bene sapere che il parroco nel 2007 si oppose alla collocazione della statua nella chiesa matrice, non la benedì né la inaugurò. Ma se essa è stata rimossa, lo si deve al clima nuovo creatosi a livello spirituale, religioso e culturale proprio grazie agli importanti passi compiuti dalla Chiesa in Calabria negli ultimi tempi, in fatto di contrasto alla 'ndrangheta. Un processo lento, ma inesorabile: indietro non si torna. Lo sguardo è al futuro. E nel futuro della Chiesa di Calabria, non c'è spazio per le ombre di 'ndrangheta, né per il silenzio colluso con i corrotti, ma la speranza del Vangelo».

L'edizione integrale dell'articolo è disponibile sull'edizione cartacea della Gazzetta del Sud - edizione Calabria.

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