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"Niente è come prima", la storia di Andrea da Vibo: affetto da sclerosi multipla a 29 anni

C'è un prima e un dopo nella vita di Andrea. Lo spartiacque è rappresentato da quel fatidico giorno del 2016 in cui arrivò la diagnosi della Sclerosi multipla. «Da allora niente è più stato come prima. Il mio equilibrio e quello delle persone a me vicine è stato completamente stravolto». Inizia così il racconto di questo ragazzo di 29 anni che, senza alcun preavviso, ad un certo punto si è ritrovato a fare i conti con la «malattia invisibile».

Non usa mezzi termini per descrivere quello che ha provato quando la spiegazione ai suoi malori, all'inizio quasi indecifrabili, fu quella di una patologia neurodegenerativa che colpisce il sistema nervoso centrale. Una patologia di cui lui sapeva poco: «È stato doloroso, destabilizzante. Ho visto il buio intorno a me. Ho provato paura e incertezza» e prima di accettare e decidere di lottare contro questa «bestia nera» c'è voluto del tempo. «Anzi la prima vera battaglia è stata quella di accettare che avrei dovuto convivere per il resto della mia vita con una compagna che non avevo scelto».

E adesso la formula per tornare a sorridere la trova in queste parole: «Se dovessi pensarci sempre, non vivrei più». Una specie di mantra che accompagna la quotidianità di Andrea che ha bisogno di condire le sue giornate con una buona dose di positività e un pizzico di leggerezza. «Ad un certo punto ti arriva la consapevolezza che non puoi più fare le stesse cose di prima, che il tuo corpo ha dei limiti e devi tenerne conto. Ci sono giornate in cui stai male, hai dolori» confessa Andrea.

Insomma, al verdetto della malattia seguono rinunce e scelte obbligate: «Ho perso il lavoro quando mi sono ammalato perché le mie condizioni non mi permettevano più di continuare a tenere certi ritmi e di fare certi sforzi fisici. Da allora ho cercato un'occupazione più consona al mio stato di salute, senza successo però e non credo che sarà facile trovarla. Le aziende non vogliono assumere persone con queste problematiche» ha proseguito scoperchiando una pentola colma di pregiudizi e ignoranza: «Non amo parlare della mia patologia, di quello che mi succede. Non riesco ad esternare facilmente i miei pensieri perché percepisco che per molti sarei solo un malato e mi guarderebbero con occhi diversi. Ancora si parla di questa malattia per luoghi comuni». È questo il motivo per cui Andrea (nome di fantasia) preferisce rimanere nell'anonimato, convinto però che la sua esperienza possa essere d'aiuto per chi si trova nella sua stessa situazione.

Il suo vissuto infatti gli ha insegnato che nulla è semplice: «Non è facile orientarsi e a volte non sai neanche a chi chiedere le informazioni. La sfiducia è tanta quando anche il personale medico sbaglia la diagnosi come è successo a me. Tra i primi sintomi ho accusato un problema all'occhio. Solo dopo ho capito che si trattava di un campanello d'allarme. I medici però non lo hanno capito e la diagnosi corretta è arrivata solo dopo che la risonanza magnetica documentava delle evidenti lesioni cerebrali. Come se non bastasse anche trovare la terapia giusta è un terno al lotto. Bisogna provare, sperimentare. Io sono già al quarto test. Come dire, mi sento un po' una cavia».

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