In tempi di coronavirus crolla il numero di ricoveri per infarto, che nella settimana scorsa sono dimezzati rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. Ma non è una buona notizia. A lanciare l'allarme è uno studio della Società Italiana di Cardiologia (SIC) che in un campione di 50 unità di terapia intensiva cardiologica, dal 12 al 19 marzo, ha registrato 349 ricoveri rispetto ai 693 della stessa settimana del 2019.
"Nei pazienti con infarto è stata notata una sorprendente riduzione dei ricoveri superiore al 50% e la sensazione degli ultimi 2-3 giorni e' quella di una riduzione ancora maggiore. Il calo è più evidente per gli infarti con occlusione parziale della coronaria ma è stato notato anche in pazienti con una forma più grave di infarto. Ridotto anche il numero di ricoveri per scompenso cardiaco, anomalie del ritmo cardiaco e disfunzione di pacemaker e defibrillatori - afferma Ciro Indolfi, Presidente SIC, Ordinario di Cardiologia Università Magna Grecia di Catanzaro e promotore del registro - Questo andamento dei ricoveri e degli accessi al pronto soccorso non presenta sostanziali differenze dal Nord al Sud. Inoltre le persone con infarto che sono arrivate in ospedale lo hanno fatto tardivamente".
"Le motivazioni di tale drastica riduzione dei ricoveri sono in fase di analisi. Sicuramente la paura dei pazienti di ricoverarsi in ospedale e di contrarre il Covid-19, gioca un ruolo importante - precisa Indolfi - Non bisogna credere che in questo momento l'infarto sia meno grave del Covid 19 e non bisogna assolutamente abbassare la guardia. Anche in corso di pandemia è necessario non sottovalutare i sintomi, come ad esempio il dolore di tipo costrittivo al petto che potrebbe essere la spia di un problema coronarico e rivolgersi subito al 118, perché il ritardo nella diagnosi e nel trattamento dell'infarto aumentano la mortalità. I pazienti non devono avere paura e devono attivare, se necessario, il sistema dell'emergenza, perché negli ospedali HUB ci sono percorsi differenziati dove i pazienti non si incrociano anche se molti centri per l'emergenza cardiovascolare sono attualmente trasformati in centri Covid" conclude Indolfi.
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