Febbre alta, perdita del senso del gusto e dell’olfatto, affanno. Sintomi che, dopo mesi di pandemia, farebbero preoccupare chiunque. Elena, di Lamezia Terme, poi, è una di quelle persone sempre attente alle regole: si igienizza di continuo, indossa la mascherina, invita tutti i suoi contatti a farlo e ad evitare assembramenti. Il Covid-19 però è subdolo e quei sintomi sono purtroppo peculiari. Così lunedì Elena chiede al suo medico curante di fare il tampone e il giorno successivo la chiamano dall’Asp. Nonostante si senta male le viene detto che deve recarsi nei locali dell’Asp. Va a fare il tampone e dopo 24 ore «inizia l’incubo»: è positiva al test.
Da quel momento, come si legge sulla Gazzetta del Sud in edicola, inizia una piccola odissea perché sebbene lei avvisi tutti quelli che le sono stati vicino le comunicazioni ufficiali e i tamponi tardano ad arrivare.
I parenti stretti vengono messi in «isolamento “verbale”», spiega lei stessa, perché l’ordinanza arriva solo 24 ore dopo. Comunica il luogo in cui lavora e il nome della persona che ogni giorno sta nella sua stessa stanza. Ma, a distanza di tre giorni, nessuno ha ancora contattato la sua collega né per comunicarle l’obbligo di isolamento né tantomeno per farle il tampone. «Mi sarei aspettata un intervento celere – è il suo sfogo – per scongiurare un focolaio». Invece nulla: «Da mercoledì a oggi (ieri, ndr) non abbiamo visto nessuno, non sono stati fatti i tamponi a nessuno dei miei contatti, solo ieri a due miei amici».
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