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’Ndrangheta a Vibo, piaga sempre aperta

Uno studio di Eurispes regala l’ennesima “maglia nera” al Vibonese molto vulnerabile al crimine organizzato

Nove locali e altrettante ‘ndrine “censite” dai carabinieri nel Vibonese

Il territorio vibonese “zona rossa”, per il Covid lo è stata, per la criminalità continua a esserlo. Sul finire dell’anno per il capoluogo e la provincia sono costanti le batoste sotto l’albero. Costanti, puntuali e... scontate come un bigliettino del tipo: “Buon Natale a te e famiglia”. Ad augurare – si fa per dire – le buone feste al territorio sono generalmente due report: quello del Sole 24 Ore sulla qualità della vita e quello dell’Eurispes che studia le dinamiche criminali. Nel primo caso Vibo e provincia da decenni, ormai, sono relegati agli ultimi posti della classifica; nel secondo schizzano in testa alla graduatoria. Come dire: ultimo fra i primi e primo fra gli ultimi, ovvero tra le regioni e province d’Italia in cui l’indice di permeabilità criminale è molto basso. Da anni la musica non cambia perché in fatto di ’ndrangheta il Vibonese è rimasto sempre tra i “primi” della classe. Un andazzo che oggi conferma lo studio Eurispes nel quadro del Protocollo d’intesa siglato con la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo. Studio in base al quale la provincia di Vibo è seconda a quella di Crotone, avendo uno dei più alti indici di vulnerabilità alla criminalità organizzata del Paese. A seguire quella di Napoli e quella di Reggio Calabria.

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