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Qualità della vita in Calabria, l'allarme lanciato da un imprenditore di Vibo

Francesco Cascasi

L'imprenditore vibonese Francesco Cascasi scrive a Gazzetta del Sud. Una missiva carica di preoccupazione, dopo aver spulciato l'inchiesta del Sole24Ore sulla qualità della vita che vede Vibo (e, in più in generale, la Calabria) negli ultimi posti della classifica nazionale. «Spero che le riflessioni suscitate dalla ormai costante posizione della nostra provincia negli indicatori sulla qualità della vita non siano estemporanee o, come spesso accade suscitate dalle stesse testate giornalistiche, ma si voglia finalmente aprire una discussione ampia nella quale tutti gli attori del processo democratico possano partecipare. La cosa peggiore che può accadere è una assuefazione al declino, il ritenerlo un fatto inevitabile come gli eventi atmosferici, la malattia o la morte. Penso che invece questo dato negativo debba essere da stimolo come quando a scuola si prendono brutti voti e l’insegnante bravo cerca di capire le ragioni del disagio ed offrire una via di riscatto. Davvero mi auguro che questo accada: perché la riflessione ben fatta oltre a comprendere le ragioni storiche e contingenti può anche riuscire ad individuare soluzioni e progetti».

Clima di insofferenza

L'imprenditore calabrese stimola la discussione: «Annoto ancora che invece il silenzio può assumere nella nostra terra una valenza pericolosa dato che potrebbe apparire come una indifferenza se non disagio verso coloro i quali invece, per ruolo e vocazione fanno rumore: il pensiero va alla procura distrettuale antimafia, agli imprenditori che denunciano, a coloro che non tacciono come alcuni giornalisti o uomini delle istituzioni. Con il rischio di farli apparire soli e quindi vulnerabili. Il degrado della Calabria è ormai cronicizzato, alimentato da una tensione verso il sotterraneo, l’accomodamento, il voltarsi dall’altra parte che ha sempre caratterizzato le classi dirigenti. Ciò ha determinato in massima parte lo spreco delle migliori energie intellettuali che comprensibilmente sperano di costruire il loro futuro in luoghi dove è apprezzato il merito e la competenza. Le energie vive che restano purtroppo sono costrette a confrontarsi in meccanismi di cooptazione al ribasso, per non fare ombra al detentore del potere politico, e non riescono ad esprimere la loro potenzialità. Non è la mia pura accademia ma il risultato del tentativo di fare impresa nonostante la sordità della dirigenza politica ed amministrativa, salvo eccezioni, che si trova sul nostro territorio».

Il caso del Psc di Vibo

Cascasi si sofferma anche sulla questione territoriale: «Basta considerare come è stato approvato il Psc del comune capoluogo all’interno del quale non è visibile alcuna idea di sviluppo compatibile tanto che su Vibo Marina è mancato il coraggio di una scelta netta verso l’accoglienza turistica e si è preferito sacrificare la fruizione della spiaggia di Via Vespucci per non assumere una ferma decisione sui depositi costieri. Come non ricordare ancora quando i circa 8 milioni di euro destinati allo sviluppo infrastrutturale sono stati bloccati a servizio del molo paraonde voluto da Camera di Commercio, Vibo Sviluppo e Comune di Vibo Valentia. Vedremo cosa succederà con i fondi in arrivo dall’Europa: mi viene il sospetto che il presidente del Consiglio Conte abbia deciso per una cabina di regia proprio perché sfiduciato dalla incapacità della politica di affrontare la programmazione e l’esecuzione necessaria perché il finanziamento possa arrivare. Credo che anche in Calabria si avrà bisogno di soggetti competenti e capaci, individuati fuori dai meccanismi di selezione tradizionale, meglio se cervelli in fuga con la voglia di rimettersi in gioco. Sempre se si trova qualcuno disposto a correre il rischio di dover stare qui per combattere con la criminalità organizzata, discutere con affamati di clientela o subire sabotaggi e ostacoli messi da coloro i quali si possono sentire scavalcati. Non è pessimismo il mio, altrimenti non sarei rimasto qui nonostante miei cantieri in tutta Italia, ma sano realismo e tentativo, forse ingenuo, di spronare l’orgoglio di quanti vogliono ancora lavorare per il riscatto della nostra terra».

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