All’indomani della pubblicazione su numerose testate giornalistiche (che hanno avuto eco a livello nazionale) delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Antonio Cossidente, Salvatore Ascone, assistito dai propri avvocati Francesco Sabatino e Salvatore Staiano, si è determinato a interessare della vicenda la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Vibo Valentia. «Ormai da anni la mia persona e la mia famiglia sono destinatarie di una campagna denigratoria senza precedenti, nonostante il Tribunale del Riesame di Catanzaro abbia escluso qualsivoglia indizio a mio carico, decisione perfettamente ignorata dagli organi di stampa. Ritengo che la misura sia colma in seguito alla pubblicazione delle dichiarazioni del pentito Antonio Cossidente (che ho appreso non già dall’autorità giudiziaria ma bensì dalle pagine dei giornali) riguardando una vicenda ancora in fase di indagine sulla quale, proprio per la sua delicatezza, dovrebbe vigere il massimo riserbo. Al contrario tutte le testate (prima regionali e a seguire nazionali) hanno imbastito un processo mediatico con un presunto colpevole al contrario scarcerato dal Riesame senza alcuna possibilità di difendersi in contraddittorio anche in una serie di trasmissioni in cui è stata raccontata una presunta verità di comodo. Per evidenziare l’assoluta parzialità degli organi di informazione, è sufficiente considerare che le dichiarazioni di Cossidente siano state pubblicate in ogni dove ma che nessun giornalista si sia curato di segnalare che la presunta fonte di tale pentito (sia pure in dichiarazioni ostese dalla Procura nelle quali riferisce di aver commentato con me l’accaduto) non mi abbia attribuito alcuna responsabilità, così come invece indicato dal Cossidente. Ribadendo la mia estraneità ai fatti, ho dato mandato ai miei legali al fine di tutelare la mia persona e la mia famiglia in tutte le sedi».
Caso Maria Chindamo, Ascone: campagna denigratoria senza precedenti
«Le dichiarazioni del pentito Antonio Cossidente riguardando una vicenda ancora in fase di indagine sulla quale, proprio per la sua delicatezza, dovrebbe vigere il massimo riserbo»
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