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Catanzaro, operazione Basso profilo: le accuse dei pm al notaio

Emergono altri particolari nell’inchiesta coordinata dalla Dda che ha portato in carcere 13 persone

La Guardia di Finanza davanti al Tribunale di Catanzaro

L’inchiesta “Basso profilo” squarcia il velo sul lato oscuro dell’economia catanzarese. Lavori utilizzati come merce di scambio, bandi pubblici piegati ai propri interessi ma soprattutto il sospetto che il capoluogo sia diventato il mercato giusto per il riciclaggio dei capitali illeciti delle cosche del crotonese. Un quadro reso ancor più nitido nel supplemento investigativo redatto dalla Dda e trasmesso al gip nel dicembre scorso. Dentro sono contenuti i risultati delle ultime informative di Dia e Guardia di Finanza.

Le accuse al notaio

Una parte delle 46 pagine firmate dai pm Paolo Sirleo e Veronica Calcagno è incentrata sulla figura del notaio Rocco Guglielmo. Con il materiale intercettivo raccolto gli inquirenti sostengono che il noto mecenate catanzarese (da giovedì sottoposto al divieto di dimora) non sarebbe stato «ignaro del contesto, bensì una figura ben inserita nell’ambiente e pienamente a conoscenza della situazione sottostante». Pur avendo solo 3 contatti in 18 mesi per la Dda il notaio sapeva bene chi fosse Umberto Gigliotta (l’imprenditore finito in carcere accusato di essere prestanome del clan Trapasso) tanto che conversando con un amico «si interrogava come questi potesse operare indisturbato nel settore imprenditoriale nonostante fosse notorio il suo legame con esponenti della criminalità organizzata».

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