Quella rimodulazione del servizio di continuità assistenziale (guardia medica) decisa dall’Asp non era andata sin da subito giù a diversi Comuni. Arriva ora dal Tar lo stop alla riorganizzazione decisa il 12 febbraio 2020, che avrebbe portato da 60 a 25 le postazioni dislocate sul territorio. A ottenere l’annullamento della delibera della commissione che disponeva l’esecuzione della proposta del dipartimento di Prime cure per la rimodulazione del servizio sono stati sei Comuni (Cardinale, Cicala, Gizzeria, Jacurso, Miglierina e Serrastretta), rappresentati dall’avvocato Crescenzio Santuori. Nel fascicolo del ricorso è confluita la normativa in materia, dall’accordo collettivo nazionale (Acn) alle delibere di Giunta e del presidente della Giunta regionale che hanno fissato il numero delle postazioni di continuità assistenziale nel tempo.
L’Asp (condannata ora a pagare le spese di giudizio), dal canto suo, aveva eccepito, tra le altre cose, che la proposta era meramente programmatoria e non esecutiva. Ma il collegio della Seconda sezione è stato di avviso differente, ritenendo l’atto già suscettibile di impugnazione, ricordando peraltro come il 20 febbraio dello scorso anno il commissario per il Piano di rientro avesse invitato la commissione straordinaria a sospendere l’esecutività della deliberazione, «avvalorando la considerazione che l’atto è dotato di capacità lesiva» considerano i giudici amministrativi.
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