Vedette appostate sui balconi per sorvegliare i luoghi di spaccio, oppure dotate di biciclette e monopattini «per spostarsi più rapidamente nel territorio da monitorare e raggiungere tempestivamente i sodali per avvisi e comunicazioni». E poi si legge ancora nelle carte dell'operazione Orso - «l'utilizzo di sedie, tavoli ed ombrelloni, per appostarsi per giornate intere sul luogo di spaccio in attesa degli acquirenti». Ci sono anche questi elementi, secondo gli inquirenti, a testimoniare che la rete di spaccio di droga smantellata dai Carabinieri di Crotone con 12 arresti nel quartiere Fondo Gesù fosse una vera e propria associazione, in cui ciascuno aveva un suo ruolo preciso. Un'associazione che si ritiene facesse capo alla famiglia La Forgia, e che peraltro operava in in quartiere estremamente “chiuso”, in cui ogni movimento estraneo alla routine veniva subito notato e segnalato. «È una zona molto difficile da controllare – ha spiegato in conferenza stampa il comandante provinciale dei Carabinieri di Crotone, Gabriele Mambor –. Un'area piena di vicoli, di possibili nascondigli per la droga, e delimitata su un lato dal fiume Esaro. Anche per questo l'operazione Orso è importante: perché dimostra che non esistono luoghi franchi, che si possono sottrarre al controllo dello Stato».
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