Dal 2014 ad oggi potrebbero essere stati rilasciati circa 20-30mila attestati con un giro d’affari enorme. È quanto emerge dall’inchiesta condotta dai carabinieri con il coordinamento della della Procura di Vibo Valentia denominata "Diacono" su un giro di presunti diplomi falsi. «Una indagine molto delicata, nel campo della pubblica istruzione - ha detto il procuratore Camillo Falvo - che ha avuto un prologo nel luglio del 2020 con arresti e con il rinvenimento di un arsenale nell’Accademia Fidia e di 202mila euro in contanti che sembravano di provenienza illecita. Da quell'episodio - ha aggiunto Falvo - è partita una serie di attività investigative e tecniche e ambientali che ha portato al rinvenimento di un vero e proprio mercimonio della funzione pubblica, con la vendita di migliaia e migliaia di attestati, diplomi e master che, immessi nel circuito nazionale, hanno condizionato il mercato del lavoro. Se pensiamo ai tanti ragazzi che studiano con tanta fatica e sudore affrontando prove d’esame e redigendo curriculum reali, questa cosa fa molta rabbia. L'entità è dimostrata - ha detto ancora il procuratore - dalle somme trovate stamani: 700mila euro. Tra l'altro, uno degli indagati era arrivato a dire che per fare i soldi non fosse necessario fare ciò che fanno i malandrini perché bastava una risma di carta. E tutti i componenti dell’associazione hanno messo in atto qualsiasi metodo illegale per procedere alla vendita dei diplomi».
Le intercettazioni
Sarebbe stato un vero e proprio patto corruttivo quello messo in atto da Maurizio Piscitelli, ispettore del Miur, Giovanni Carbone e la dirigente dell’Usr Calabria. Ne sono certi gli investigatori dell’Arma e della Procura di Vibo che hanno documentato l’episodio. Carbone aveva partecipato nel novembre 2020 al concorso per ispettore del Miur riuscendo a piazzarsi al settimo posto non entrando nella cerchia dei tre vincitori. E pertanto si sarebbe rivolto a Piscitelli, componente della commissione giudicatrice, per fare in modo di scalare la graduatoria. Cosa che avvenne, tant'è che dal settimo arrivò al quarto posto. Ed è qui che, in base all’attività investigativa, entrerebbe in campo la direttrice dell'Ufficio scolastico regionale della Calabria Maria Rita Calvosa, presidente della stessa commissione. «Piscitelli per aiutare Carbone ad acquisire la qualifica - sostengono gli inquirenti - ha tenuto una duplice condotta costituente reato: la prima, avente ad oggetto un abuso d’ufficio laddove ha aiutato Carbone a salire nella graduatoria e la seconda avendo corrotto Calvosa, con la promessa di un suo trasferimento verso Roma, per far acquisire il terzo posto in graduatoria a Carbone». In una intercettazione Piscitelli riferiva a Carbone l’esito del suo intervento: «Allora, innanzitutto siamo saliti dal settimo...perché io gli ho detto guarda è vergognoso considerando la persona. la statura, considerando il peso che ha nel mondo culturale, nel mondo della scuola, dell’istruzione». Piscitelli, evidenzia poi che per tentare di far nominare ispettore Carbone debba portare «argomentazioni convincenti» per poter «stringere» una donna di cui non viene fatto il nome ma poi identificata in Maria Rita Calvosa: «Ora siamo rimasti che io per martedì le devo portare argomentazioni convincenti, però. Ho preso altro tempo Gianni, perché questi signori la devono stringere». Piscitelli aggiunge: «Allora lei sai cosa vuole? Lei vuole avere almeno una promessa che se ne va a Roma?». E rilevano gli inquirenti, dalle parole dell’ispettore del Miur emerge «un allarmante quadro di scambio di favori». Carbone, in qualità di partecipante al concorso, e «sfruttando anche i suoi legami di natura massonica, a sua volta «si relazionava, su indicazione del Piscitelli, con dirigenti centrali del Miur, al fine di fare ottenere alla Calvosa l’utilità consistente un ruolo dirigenziale a Roma».
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