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L'Inchiesta Ikaros avanti a passi spediti, chiesto incidente probatorio sui testimoni

Procede a passi spediti l’inchiesta “Ikaros” sull’esistenza di due presunte associazioni a delinquere (formate da avvocati, mediatori culturali, poliziotti e ufficiali di Prefettura) che avrebbero lucrato sulle pratiche per i permessi di soggiorno “facili” concessi agli immigrati. Il sostituto procuratore, Alessandro Rho, ha chiesto al giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Crotone, Romina Rizzo, di ascoltare i testimoni, Ali Barzan Hassan Ali e Salih Shahram Hama Hama, mediante incidente probatorio.

Come scrive il pubblico ministero, titolare delle indagini condotte dai poliziotti della Squadra Mobile, la scelta di ricorrere all’istituto giuridico previsto dal codice di procedura penale deriva dalla necessità di cristallizzare al più presto il racconto delle due persone informate sui fatti in quanto sono originari dell’Iraq, e da un momento all’altro potrebbero «far perdere le loro tracce». La «prova – evidenzia il pm - non appare rinviabile al dibattimento attese le condizioni personali delle predette persone informate sui fatti, i quali sono cittadini di etnia irachena senza uno stabile collegamento con il nostro Paese». Dall’operazione scattata il 17 febbraio scorso, è emerso che stranieri e mediatori, in contatto con i loro connazionali in Iraq o all’estero, fungevano da procacciatori per gli avvocati che, con documentazione fasulla presentavano richiesta per il riconoscimento della protezione internazionale alle Questure di Catanzaro e Crotone. E così, una volta avviata la pratica, il richiedente che si trovava in Iraq veniva avvisato della fissazione dei vari appuntamenti come il foto-segnalamento, l’audizione alla Commissione territoriale e il ritiro del permesso di soggiorno, in occasione dei quali giungeva in Italia munito di un visto turistico, per poi rientrare nel Paese da cui chiedeva di essere protetto. Importante anche il ruolo svolto dai pubblici ufficiali che avrebbero facilitato il sistema dietro l’elargizione di qualche regalia, accelerando l’iter dei richiedenti o attestandone falsamente la residenza in Italia.

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