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La "megatruffa" raccontata dal pentito e realizzata con i soldi dei clan di Vibo

Andrea Mantella riferisce nell’aula bunker un raggiro di «vini e di trattori»

Quanto sia approfondita la conoscenza che il pentito Andrea Mantella ha, almeno fino a un certo periodo storico, delle dinamiche della ‘ndrangheta lametina, è cosa nota. L’ex boss di Vibo che teneva testa ai Mancuso aveva innanzitutto un rapporto di parentela diretto: suo cognato era Pasquale Giampà, ucciso nell’agosto del 2001 in pieno giorno davanti a una casa di cura a Nicastro. E il fratello di suo cognato era Francesco Giampà, il “Professore”, fondatore dello storico clan e «persona che per me – mette a verbale Mantella – era la “Corona della mia testa” in senso 'ndranghetistico, a cui io tenevo molto e di cui sentivo i consigli». Meno nota, se non inedita per le cronache giudiziarie, è invece una circostanza che il pentito vibonese ha riferito giovedì nell’ultima udienza del processo “Rinascita-Scott”. «I Barba (che assieme ai Lo Bianco fanno parte del clan che su Vibo gode dell’appoggio dei Mancuso, ndr) anni fa hanno fatto una grossa truffa nella zona di Lamezia con Giovanni Governa (che non è indagato in Rinascita-Scott)». Un raggiro «di vini e di trattori», ha aggiunto il pentito, che sarebbe stato messo in piedi grazie ai “finanziamenti” che ai Barba sarebbero stati garantiti da Gianfranco Ferrante, imprenditore coinvolto nel maxiprocesso in corso nell’aula bunker di Lamezia e accusato da Mantella di essere «la Bankitalia della ‘ndrangheta vibonese».

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