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Vibo, Andrea Mantella: l’ospedale era nostro, lo usavamo per i summit

Nuova udienza del maxi processo dedicata al collaboratore di giustizia

L'aula bunker di Lamezia Terme

L’ospedale, il depuratore e perfino il cimitero, a Vibo Valentia tutto sarebbe stato piegato ai voleri delle cosche. Lo ha raccontato ieri il collaboratore di giustizia Andrea Mantella che ha continuato la sua deposizione nel maxi processo Scott Rinascita. Collegato in videoconferenza con l’aula bunker di Lamezia Terme il pentito ha risposto alle domande del sostituto procuratore Antonio De Bernardo ricostruendo affari e infiltrazioni delle cosche in città. Il racconto di Mantella si è concentrato su quanto avveniva nell’ospedale Iazzolino. Una sorta di zona franca per gli affiliati. Grazie ai rapporti con alcuni esponenti politici e al loro diretto intervento, ha sostenuto Mantella, sarebbero stati assunti nel nosocomio vibonese appartenenti al clan Lo Bianco e Barba. Alla domanda del pm su che tipo di lavoro facessero in ospedale gli affiliati, Mantella ha risposto: «Giocavano a carte sotto il pino di fronte». Quelle presenze però, stando al racconto del collaboratore, avrebbero garantito agli uomini del clan di utilizzare indisturbati l’ospedale e il suo personale. Così sarebbero stati rilasciati falsi certificati medici come quello ottenuto da Mantella per una caduta da cavallo mai realmente avvenuta che gli permise di non tornare in carcere dopo un permesso premio.

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