Leonardo Sacco e don Edoardo Scordio «avevano adottato un sistema per far fuoriuscire» il denaro ottenuto con l’appalto per la mensa del Centro d’accoglienza per migranti di Sant’Anna «e consegnarlo agli esponenti che appartengono alle famiglie Arena e Nicoscia». Le parole del collaboratore di giustizia, Domenico Mercurio, sulla “cresta” sui fondi del “Cara” per pagare le cosche, confermano la tesi dell’inchiesta “Jonny” con la quale la Dda di Catanzaro, nel 2017, svelò le ingerenze dei clan di Isola Capo Rizzuto sul “Cara”. Le dichiarazioni del pentito 51enne (rilasciate al pm dell’Antimafia Domenico Guarascio) sono state depositate ieri dal rappresentante dell’accusa nel processo di secondo grado di rito ordinario scaturito dall’operazione “Jonny”, che vede alla sbarra 20 imputati tra i quali don Scordio, l'ex parroco di Isola condannato in primo grado a 14 anni e 6 mesi. Inoltre, il pm Guarascio ha anticipato alla Corte d’appello che chiamerà a testimoniare Mercurio. Il quale, ad agosto ha iniziato a collaborare con la Procura distrettuale di Venezia in seguito al suo coinvolgimento nel blitz “Isola scaligera”.
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