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Vibo, resta il silenzio dopo gli attentati. Il cantiere del nuovo ospedale rallenta

Camion e mezzi meccanici dati alle fiamme nella notte dell’1 giugno

Uno dei mezzi dell’impresa Costruzioni Procopio di Catanzaro dati alle fiamme in località Cocari

È calato il silenzio. Così come accadeva in passato. L’attentato incendiario sul cantiere del nuovo ospedale non ha destato alcuna preoccupazione; tanto meno ha suscitato reazioni dalle forze politiche e dall’associazionismo, sempre pronte a non fare mai un passo indietro quando si tratta di sfilare contro il nulla. Questa volta, invece, c’erano le intimidazioni, gli incendi, la volontà di piegare un’impresa che più volte ha ritenuto di rivolgersi alle forze dell’ordine dopo avere subito pressioni. E invece nulla. Solo silenzio come se il nuovo ospedale non appartenesse ai vibonesi. Di che natura siano stati gli attentati, saranno le indagini a doverlo appurare. Senza tanti giri di parole, per il momento, i fatti dicono che nel Vibonese la società civile di fronte agli attacchi che la criminalità mette in atto nei confronti del lavoro e del mondo produttivo in genere, si gira quasi sempre dall’altra parte. Preferendo camuffarsi tra la folla quando si tratta di scendere in piazza contro le ’ndrangheta; in quel caso è quasi un obbligo partecipare, perché se non ci sei rischi di essere etichettato o bollato come uno ’ndranghetista, o un amico degli ’ndranghetisti. Invece, gli attentati sul cantiere dell’ospedale non interessano a nessuno, tranne che agli investigatori che dovranno cercare di capire cosa stia succedendo.

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